Tago Fest 2013, “Nonesima Edizione”
Marina di Massa.
Qualora qualcuno non conoscesse il Tago Fest e volesse capire di che si tratta, gli basterebbe dar un’occhiata al manifesto dell’evento di quest’anno, sul quale campeggia un cuore. Niente di sentimentale, sia chiaro, anzi, a scanso d’equivoci i grafici del Tago hanno ben pensato di proporre una versione discretamente anatomica (ma non truculenta) del miocardio, giusto per far passare un paio di concetti importanti e fondamentali in maniera subitanea. Il Tago Fest ha un cuore simile perché è progettato, realizzato e popolato da persone che ci mettono passione, forza, impegno e tempo, il tutto col sorriso sul volto di chi sa che sta concretizzando un’idea in cui crede. Oltre a essere uno degli appuntamenti più importanti e più attesi della stagione concertistica underground nazionale, il Tago Fest è un evento unico nel suo genere proprio per l’atmosfera che vi si respira. Non è facile trovare un altro festival di tre giorni che può vantare d’essere pieno zeppo di gruppi italiani che si alternano sul palco mantenendo uno standard qualitativo elevatissimo come se nulla fosse, d’offrire uno spazio aperto alle etichette e alle distro indipendenti per ingolosire gli spettatori e di vantare un’organizzazione tanto efficiente da poter garantire un punto ristoro di qualità con addirittura uno spazio per bambini. Tutto questo per cinque euro al giorno, a cinquanta metri dal mare, d’estate, in Toscana. Quando si dice “una fortunata convergenza di situazioni ideali”.
In tre giornate s’è visto e sentito di tutto, quanto di meglio l’underground italiano possa proporre attualmente per attestare il proprio stato di sana e robustissima costituzione. Nomi affermati e nomi nuovi, realtà locali da scoprire e far conoscere che condividono il palco con gruppi che invece non hanno bisogno di presentazioni. Insomma, tutto davvero perfetto, l’occasione ideale, quella di cui nessuno spettatore potrebbe mai avere abbastanza, quella che fa desiderare che festival del genere possano ripetersi non a cadenza annuale, ma settimanale, giornaliera.
Venerdì 6 settembre
Scaletta:
Radias
Do Nascimiento
June Miller
Il Garage Ermetico
3in1 Gentlemen Suit
+
Brian Smith
Gipsy Rufina
La prima cosa che non si può non notare con piacere è il contesto in cui si svolge il Tago quest’anno, una pineta tanto bella quanto piccola, vicinissima alla riva del mare a Marina di Massa, ottima scelta e grande agio in generale. Il programma del primo giorno vede una line up per così dire ridotta, con anche la presenza dell’unico ospite non italiano della manifestazione, il cantautore statunitense Brian Smith, che chiuderà la serata insieme a Gipsy Rufina e le sue canzoni eseguite senza amplificazione sotto al palco, di fronte al pubblico notturno.
Dal tardo pomeriggio si susseguono Radias, Do Nascimiento, Garage Ermetico e June Miller, proponendo diverse declinazioni e interpretazioni di un linguaggio musicale che, di quest’ultimi anni, ha subito, spesso in maniera forzosa, le più disparate etichettature, venendo bollato a seconda dei casi come shoegaze, indie rock, alternative rock, post-rock e chi più ne ha più ne metta. Senza ricorrere a termini odiosi e tanto statici quanto generici o inutili, basta capire che stiamo parlando di formazioni giovani ma non inesperte, che sanno suonare con passione e proporre la propria visione della musica in maniera molto personale, andando ora a rivangare quest’influenza “settantiana”, ora riscoprendo invece gli anni Novanta con tutto il fardello di nuovi linguaggi provenienti da Seattle, sempre passando però dal minimo comune denominatore della reinterpretazione e del filtraggio attraverso la propria sensibilità.
I Three In One Gentlemen Suit si addentrano poi in un territorio ancora più sperimentale, andando a recuperare sia memorie passate (che possono quasi appartenere a certe frange del kraut rock e ad alcune esperienze degli anni Ottanta), sia tratti tipicamente caratteristici della morfo-sintassi musicale contemporanea, alternando momenti di basse dinamiche e melodie vocali a scenari più aggressivi e d’impatto, apportando sempre a tutto una grinta e una freschezza spontanea che parrebbero quasi inesauribili. Nulla di artefatto, nulla di comodo e nulla che venga riproposto in maniera stanca e pedissequa; venerdì sei settembre, al Tago Fest 2013, hanno già smentito, dopo solo la prima giornata di concerti, chi sostiene che “ormai tutto è stato scritto e tutto si copia”.
Sabato 7 settembre
Scaletta:
Topsy The Great
Otrom
Agatha
Lleroy
Zolle
The White Mega Giant
Marnero
Lento
Ornaments
+
Bologna Violenta
Star Pillow
Questa è stata la “giornata lunga” del festival, un po’ per la scaletta davvero assai nutrita, un po’ per il fatto d’esser stata la data con l’affluenza maggiore di pubblico, che s’è felicemente trattenuto in zona fino a notte inoltrata e a concerti ormai finiti.
Ad aprire le esibizioni ci pensano i Topsy The Great, formazione toscana che, seppur penalizzata da qualche problema di mixaggio, presenta il suo lavoro dello scorso anno, Steffald, dimostrando – con convinzione, efficacia e un pizzico di bizzarria – che nel campo della sperimentazione ritmica e melodica non è ancora stata detta l’ultima.
Otrom – per primo nel festival – porta sul palco una proposta solo elettronica, mentre il duo femminile Agatha cambia del tutto registro, regalando agli spettatori una buona prova di sludge diretto, tutto d’un pezzo e semplice quanto basta per essere ricordato con piacere.
È la volta dei Lleroy, trio che ama miscelare l’approccio del noise più urticante con l’eredità dell’attitudine grunge e con quelle che invece sono soluzioni sonore più moderne e urlate, ottenendo qualcosa d’esplosivo, dinamico e da subito convincente, trascinante. Dopo di loro sono gli Zolle a prendere il sopravvento sulle orecchie del pubblico, proponendo ritmiche che alternano tempi dispari a cambi tra battere e levare, chitarre ultra sature e riff sincopati (qui si sente forte la presenza di Lan dei Morkobot alla sei corde), oltre a un’attitudine caustica e ruffiana sul palco che non può non far presa immediata.
Tutt’altre atmosfere vengono proposte dai The White Mega Giant, un trio che fa della melodia e dell’etereo il suo credo. Situazioni estremamente dilatate, voci filtrate dal vocoder e dai synth, chitarre con delay infiniti e suonate con l’archetto; c’è tutto per una reinterpretazione ambientale e per masse sonore del rock degli ultimi anni.
Come a voler alternare la quiete e la tempesta, seguono i Marnero, formazione in cui militano ex membri dei grandissimi Laghetto. Il loro spettacolo è fatto dai brani più diretti e d’impatto dei due lavori in studio. Tantissima energia, la consapevolezza di “giocare in casa” al Tago Fest e un’ottima attitudine per quella che è una grande esibizione.
Nemmeno il tempo di riprendersi e l’atmosfera si appesantisce all’improvviso, van via le luci più colorate, fanno la loro comparsa le macchine del fumo sul palco ed entrano in scena i Lento. Complici dei suoni eccellenti e dei volumi davvero sostenuti, la loro esibizione è risultata una vera tempesta perfetta, di una capacità comunicativa musicale talemente intensa che non c’è bisogno nemmeno di mezza parola detta a voce per farsi capire. Una scaletta che alterna momenti di bassa dinamica a parti densissime, tempi dilatati all’infinito a blast beat e ritmi sostenuti, ce n’è davvero per tutti i gusti, basta voler sentire quattro persone che, sul palco, sanno raggiungere ed emozionare chi ha voglia di una musica senza compromessi.
Tocca agli Ornaments ristabilire dell’ordine dopo la macelleria portata sul palco dai Lento e, grazie alle composizioni articolate (mai noiose, però) e melodicamente varie del loro ultimo lavoro (Pneumologic), riescono nell’intento di catalizzare l’attenzione dei presenti quel tanto che basta per interessarli, affascinarli, coinvolgerli.
Nicola Manzan con la sua creatura Bologna Violenta chiude la serata con un’esibizione di gran livello come quelle alle quali ci ha ormai abituato negli ultimi tempi, miscelando a dovere sarcasmo, rapporto col pubblico, assalto sonoro e una gran dose d’inventiva ad effetto “vedo – non vedo”; dopo di lui tocca a Star Pillow sedare i sensi del pubblico, proponendo una visione musicale d’ambiente, dolce e soffusa, che rende ancora più catartica la notte sotto i pini marittimi del parco del Tago e conduce al termine di una giornata incredibilmente intensa e variegata.
Domenica 8 settembre
Scaletta:
Clessidra
Garaliya
Malaise
You And Me And The Coffin
Minnie’s
Pueblo People
DiMaggio Baseball Team
Very Short Shorts
Lucertulas
Dogs For Breakfast
+
Slim River Boys
Mehr Licht!
Come in ogni festival che si rispetti, la variabile “pioggia” non manca di piagare il Tago Fest che, forte dell’appoggio del vicino e attivissimo Swamp Club, si sposta al coperto per chiudere la programmazione e permettere a tutti di non buscare un accidente appena prima del ritorno a casa.
Nonostante un leggero ritardo nell’ora d’inizio, dovuto a necessità logistiche non negoziabili (i palchi e le attrezzature non hanno le gambe), il pomeriggio e la serata si snodano attraverso una scaletta assai varia, che vede alternarsi gruppi d’estrazione prettamente rock come i Clessidra, i Minnie’s e i Pueblo People a progetti elettronici come i Garaliya, passando per le Malaise, la sperimentazione vocale lounge dei Di Maggio Baseball Team e la psichedelia dei You and Me and the Coffin.
In chiusura della serata le note si colorano dapprima di un’intenzione quasi zappiana con i Very Short Shorts, combo costituito da batteria, piano elettronico e violino. I tre propongono un repertorio caratterizzato da grande tecnica e inventiva, sempre supportato da una vena fortemente ironica e auto-ironica, che permette a chiunque d’avvicinarsi alla complessità di composizioni mai scontate, eppure di facile assimilazione ed orecchiabilità.
A seguire, i Lucertulas sconvolgono qualsiasi sorta di ordine creato dai Very Short Shorts, stabilendo un’atmosfera viscerale e impulsiva che fa aumentare ancora di più la percezione del calore all’interno dello Swamp. Ritmi sostenuti, intensità e tantissima botta. Unico rimpianto, quello di non aver goduto al meglio del concerto a causa di qualche problema di mixaggio, ma non si può pretendere troppo data la situazione di semi-emergenza che ha investito il festival in questa giornata.
Chiudono, prima di dar spazio a Slim River Boys e Mehr Licht!, i Dogs For Breakfast, formazione dedita e devota al suono pesante, ai ritmi altalenanti tra lentezza compatta e furia in accelerazione. Lo spettacolo proposto è di qualità davvero impressionante, colpisce tanto per le capacità quanto per l’intenzione genuinamente dimostrata dal gruppo, in formissima e a proprio agio dal vivo. I pezzi si susseguono uno dopo l’altro con decisione, energici e suonati come se non ci fosse un domani (“come infatti non c’è”, direbbe qualcuno…), andando a formare una grande prova che fa da chiosa ideale per un grande festival.
Non si può aggiungere molto altro che non sia stato detto, scritto, suonato, provato o assaporato in questo weekend. Il Tago Fest è e resta un appuntamento da non mancare per ogni appassionato di quella musica che, invece dei riflettori e delle grosse cifre, preferisce convogliare sangue al cervello e al resto del corpo come occupazione primaria; un po’ come il cuore, appunto.