T.JARVA & THE DARK PLACE, Post Festum
Taneli Jarva ha deciso di darsi al rock acustico, alla soglia dei cinquant’anni. Per chi non ne fosse a conoscenza, il “ragazzo” ha militato in due delle band di punta del metal finlandese: negli Impaled Nazarene come bassista e nei Sentenced, prima come bassista e poi anche come cantante. Ha lasciato entrambe le formazioni nel ’96 alla tenera età di 21 anni, dopo qualche tour europeo, un contratto su Century Media e una serie di esperienze significative, a cui ha però preferito un’impagabile, a detta sua, libertà artistica. Ha, negli anni, dato sfogo alla sua complessa e multiforme identità musicale con band come The Black League, Poison Whisky e Chaosbreed, e più recentemente è entrato nel supergruppo Friends Of Hell, ma è con il suo progetto acustico che ha raggiunto una maturità artistica pazientemente coltivata e a lungo agognata. Nato inizialmente come duo, T.Jarva & The Dark Place prende vita nel 2018. Taneli scrive canzoni per voce e chitarra, quasi di getto, e le sottopone all’amico Sami Hassinen, talentuoso chitarrista in Sleep Of Monsters e Blake, e insieme danno forma a una serie di brani ispirati a quel genere non ben definito che ha tra i propri esponenti, tra gli altri, Nick Cave, Leonard Cohen e Mark Lanegan, dei quali portano in sede live alcune cover. Quello di Taneli per questi autori è un amore antico, ma è solo in età più che adulta che si è sentito pronto a cimentarsi in qualcosa di completamente diverso dal metal estremo.
Post Festum vede la luce il 2 febbraio 2024, e la prima stampa in vinile va sold out in pochi giorni. La band ha, man mano, assunto una forma più completa e complessa, poiché si sono aggiunti altri musicisti per le performance dal vivo. Durante le sessioni di registrazione, i due si sono avvalsi della preziosa collaborazione dei produttori per le parti di contrabbasso e percussioni.
L’album di per sé è di facile approccio, ma serve anche un certo livello di introspezione per capirlo appieno. La voce di Taneli è inconfondibile: ricca, profonda, dotata di un’eleganza rara. È lecito definirla il suo strumento principale, poiché è attraverso l’espressione vocale che egli dà colore e spessore alle storie che ci racconta, su melodie tanto orecchiabili quanto raffinate nelle quali è ben udibile il tocco di Sami, che si riconferma un compositore di altissimo livello, che ha sposato la causa e ha, di fatto, scritto la maggior parte dei pezzi. Vi è una forte presenza femminile nelle narrazioni: da “Golden Girl”, a “Venus Is High”, a “Bride Of Jesus” si nota un filo conduttore fatto di simboli e allusioni esposti con la maestria a cui Taneli ci aveva già abituato negli anni Novanta: invito i più “nerd” a dare un’occhiata ai suoi testi dei tempi di Amok o dell’ep Love And Death, che non sembrano affatto scritti da un ventenne… Oggi Taneli fa i conti coi suoi demoni, li invita a cena e si gusta anche dell’ottimo whisky con loro (non tutto ciò che sentirete su Post Festum è autobiografico, ma a un orecchio attento non sfuggiranno dei simpatici quanto espliciti riferimenti al suo passato…)
Non c’è un singolo brano debole, a mio avviso, ma vorrei segnalare “Mercy Curse” come esempio lampante di come si possa fare musica “estrema” travalicando i suoi canoni classici. L’alchimia che si crea tra Sami e Taneli, le coriste e gli strumenti (tra cui segnalo anche lo jouhikko, sorta di lira tradizionale finlandese, qui suonato dall’ottimo Pekko Käppi) è meravigliosamente inquietante, ma suona altresì familiare, confortante nel suo essere in bilico tra un senso di sicurezza e la paura di perderlo, come in una sorta di preghiera macabra.
Segnalo anche la conclusiva “January’s Child”, struggente ballata che ha l’arduo compito di fare da chiosa a un album dal forte impatto emotivo, senza fronzoli né orpelli: è la canzone che vorrei come ninna-nanna dopo una giornata particolarmente difficile, quando i pensieri corrono veloci e vorrei solo fermarli e fermarmi. Post Festum è figlio delle esperienze di due musicisti che non si sono mai posti limiti, e che sono riusciti a racchiudere nell’arco di 45 minuti una gamma di sensazioni viscerali, potenzialmente catartiche anche per chi ascolta. A rischio di sembrare retorica, mi sentirei di affermare che forse è proprio questa la magia della musica, e oggi, tra mille uscite discografiche più o meno insipide, è un sollievo trovare questo gioiello.