SYSTEM HARDWARE ABNORMAL, Squash
Ed elli avea del cul fatto trombetta
Per Stefano Di Trapani questo è un disco basato su di un concept sull’hate speeching come specchio del mondo. E aggiunge: il concept è nato pensando allo squash, che è appunto un gioco in cui tiri una palla contro il muro e praticamente giochi con te stesso. Poi chiosa: i social sono diventati un muro contro il quale rimbalzano palle di gomma che distruggeranno i loro stessi autori. Squash è dunque una palla infuocata che diventa un assalto sonoro, non potrebbe essere altrimenti date le precedenti (e numerose) esperienze del noiser romano. Attraverso quest’assalto Stefano cerca di sublimare i temi sopracitati, di dar loro uno sfogo e una spiegazione istintivi, togliendone apposta il senso e provocando sensazioni di fastidio e poca voglia di socializzare. Ci ha abituati a giocare coi nonsense, a questa sorta di “petomania” consapevole e provocatoria, figlia dello stare in equilibrio sul filo dello sberleffo. Dare quindi una descrizione delle singole tracce di questo Squash sarebbe come provare a togliere l’acqua dal mare con le mani, perciò mi limiterò a parlarvi di alcune mie impressioni: colpiscono le nevrosi di “Ibobiwobi”, la gabber troglodita di “Elunico Lavoro Kece In Italia”, la “dance” elettro-noise di “Sappi Che Tornerai Insieme A Loro”, le intermittenze rumorose di “Pezzi Di Africa Spostati In Calabria”. I titoli sono tutti mutuati da commenti trovati sui social e su YouTube, le musiche sono rigorosamente di matrice digitale.
A conti fatti Squash è un album mostruoso, nel vero senso della parola: dentro ci sono la bellezza di 27 tracce che l’olandese Stront ha avuto il fegato di pubblicare in pieno stile “Provo”. Astenersi melomani e indie-kids dal cuore (troppo) tenero.