Swallow The Sun: scrivere musica è come riaprire una ferita

Swallow The Sun – foto di Jussi Ratilainen

Ho avuto il piacere di parlare col chitarrista e compositore dei doomster finnici Swallow The Sun, che hanno appena concluso il loro minitour in patria, al quale seguiranno quello americano e poi quello europeo. Ho avuto anche la possibilità di assistere al primo live di questo minitour, mossa dalla curiosità di vedere in prima persona la resa sul palco dei brani del loro nuovo album, Shining. Venendo meno gli aspetti più “controversi” legati alla produzione di quest’ultimo disco, devo dire che la resa è stata sorprendente, emozionante e coinvolgente, ma ce lo aspettavamo da una band che fa dell’impatto emotivo uno dei cardini della propria identità.

La mezz’ora di chiacchiere con Juha Raivio risale però a un paio di settimane prima. Ecco cosa ci siamo detti.

Ciao Juha, è un piacere vederti di nuovo “in pista” con le interviste.

Juha Raivio (chitarre): Sì, non mi sono fatto vivo per un po’, ma con l’uscita di quest’album ho pensato “okay, se non torno adesso non tornerò mai più”, così… beh, eccomi.

Shining suscita un po’ di domande. Come mai avete deciso di ingaggiare un produttore a questo punto della vostra carriera, dopo più di due decenni?

Compongo la musica molto velocemente, è come se arrivasse a me più o meno all’improvviso. Non pianifico lo scrivere musica, né scrivo musica ogni giorno. Per Moonflowers (l’album precedente, pubblicato nel 2021, ndr) ci sono volute circa tre settimane: improvvisamente la musica era lì. Ora, per Shining, mi sono reso conto che c’era qualcosa di diverso in ciò che avevo composto. Sai, l’anno prossimo sono 25 anni di carriera per noi, e di recente abbiamo anche preso una booking agency e un management diversi, e siccome sento che c’è stato un cambiamento nella musica, ho voluto assecondare questa sensazione, e anche Century Media ci ha supportato in questo. Venticinque anni sono un bel po’ di tempo…

Sì, è più o meno metà della tua vita…

Sì, e Shining è il nostro nono album, ma è come se fosse il dodicesimo o tredicesimo se consideri che Songs From The North è un triplo album, e anche che Plague Of Butterflies è tecnicamente un ep ma il brano dura 35 minuti, più del nuovo album dei Linkin Park (ride, ndr). Dopo tutti questi anni e tutta questa musica ci è sembrato il momento di metterci alla prova e mettere alla prova anche i nostri ascoltatori.

Juha Raivio – foto di Mirko Luparelli

Ho recensito il disco e, devo essere sincera, ai primi ascolti ero un po’ scettica. Ho la sensazione che Shining rappresenti per certi versi l’inizio di un processo di guarigione, perché ha una sorta di retrogusto incoraggiante, positivo, per così dire…

Dici bene, ed è esattamente questo il termine che uso per descrivere le sensazioni che ho provato scrivendo l’album. Le canzoni sono piene di oscurità e sofferenza, ma non dirò di cosa parlano esattamente perché trattano temi molto personali, ma in generale sia nella musica che nei testi c’è una sorta di tentativo di comprendere e accettare, e questo è anche connesso al motivo per il quale faccio di nuovo le interviste. È difficile per me definirlo un processo di guarigione. Voglio essere sincero con te: scrivere questi ultimi album non so se mi abbia fatto bene. Forse in futuro la potrò considerare una cosa positiva per me, una forma di guarigione, ma scrivere musica, e suonarla dal vivo, per me è come riaprire una ferita. Non è una finzione, non è un mero esercizio stilistico, e ogni volta che salgo sul palco mi espongo totalmente. Amo e odio la musica allo stesso tempo, ma penso anche che sarà più salutare per me suonare queste nuove canzoni, per quanto portino dentro una profonda oscurità e tanto dolore, sarà forse più facile per me salire sul palco e suonarle. Vedi, tornando al fatto che abbia ripreso a fare interviste, ho cercato di guardare le cose da un’altra prospettiva, perdonando me stesso e gli altri, e comprendendo che per essere felice (fa il gesto delle virgolette, ndr) devo lavorare su me stesso, sennò rischio di fare una brutta fine. Non sono mai andato in terapia, per quanto sia consapevole che tutti ne avremmo bisogno, ma in quanto finlandese, e tu sai bene come siamo, parliamo molto ma allo stesso tempo ci teniamo tutto dentro. È un po’ come se la musica fosse la mia terapeuta, e non è sempre una brava psicologa (ride, ndr), ma ecco, lavoro su me stesso anche parlando con le persone. Tu lo sai, ci siamo incontrati in passato, non sono uno di quegli stronzi che se ne stanno in un angolo per cazzi propri. Chi mi conosce sa che non sono uno di quei Goth che stanno a piangere nella foresta facendosi dei tagli sulle braccia (rido anche io, ndr).

Sarebbe un modo molto superficiale di vedere le cose…

Lo è, ma è anche incredibilmente diffuso. Io sono me stesso. Non fingo con le mie canzoni, non fingo nelle interviste. Non interpreto un ruolo. Specialmente nella musica: è la cosa più importante per me.

Matti (Honkonen, bassista della band, ndr) ha definito Shining come “il Black Album del death-doom”. Trovo questa descrizione alquanto esilarante e impeccabile, perché ha anticipato il modo in cui l’album è stato accolto dal pubblico. Tu che ne pensi? Sei d’accordo con lui?

Assolutamente. Lui è un tipo simpatico, lo sai, e questa è stata la prima cosa che ha detto quando ha sentito l’album, e io me la sono segnata, assicurandogli che l’avrei usata in fase promozionale (ridiamo entrambi, ndr). La scena doom, ma anche quella gothic, è molto rigida su cosa sei autorizzato a dire o fare, o anche su come devi apparire. Ci sono molte regole, e io odio le regole, soprattutto in musica, te lo garantisco al 100%. Sappiamo che il pubblico death-doom si incazza per queste cose, tipo “come osate?!”: o è come si aspettano che sia oppure semplicemente fa schifo. C’è chi dice che Shining è il nostro miglior album, e c’è chi dice che fa cagare (ride, ndr).

C’è chi ha scritto “spero che dopo questo album di merda si sciolgano” (rido, ndr).

Sì, certo (ride, ndr), ma vedi, sono vecchio, così vecchio che non me ne frega un cazzo, anche perché la nostra musica è totalmente onesta. Non ho ritoccato nulla, per mantenerla al massimo grado di purezza. Per me ogni album è perfetto così com’è, Shining è perfettamente nei canoni degli Swallow The Sun, ed è per me molto importante che quando la band cesserà di esistere io possa guardare indietro e non avere rimpianti. Sai, c’è anche quella roba del “pussy doom” di cui siamo stati accusati… ci piace provocare il pubblico death-doom in molti modi (ride, ndr). Tu ci conosci di persona, conosci il nostro black humor, e anche le band con cui andiamo in tour sono composte da persone solari, simpatiche. I veri poser sono nella scena black metal (ride, ndr). Noi non fingiamo di essere quello che non siamo. Mi piace il fatto che abbiamo avuto le palle di scegliere questo produttore di così alto profilo, facciamo sempre quello che crediamo sia giusto, e penso sia una delle nostre caratteristiche fondanti in quanto Swallow The Sun.

A proposito degli elementi pop nel nuovo album: direi, piuttosto, che derivino dall’iskelmä (internazionalmente conosciuta come “Schlager”, è una forma di musica popolare diffusa nell’Europa centrale e nel Nord Europa, caratterizzata da tinte romantiche e malinconiche, celebrata in Finlandia in modo trasversale anche nel metal estremo, ndr). Se è così, quali sono i nomi che apprezzi di più?

Direi che la tua intuizione è giusta (sorride, visibilmente stupito, ndr). Soprattutto Topi Sorsakoski & Agents (la band ha avuto diversi frontmen, il più recente, dal 2019, è Ville Valo, ex-HIM, ndr). Quando ero piccolo mio padre mi faceva ascoltare i dischi di Olavi Virta, perché forse lo sai, i finlandesi sono ossessionati dal tango, e ho assorbito quel senso della melodia. Siamo dei patetici bastardi noi finlandesi, persino le ninne-nanne sono incredibilmente tristi e malinconiche, e i testi sono veramente tragici (ride, ndr).

Questo mette tutto sotto una luce diversa, perché fin da subito non ti aspetti molto dalla vita… Ma dimmi, a proposito del video di “MelancHoly”, il fatto che Mikko (Kotamäki, cantante della band, ndr) abbandoni i vinili nella foresta, vuole in qualche modo significare che vi state lasciando il passato alle spalle, come metafora di un nuovo corso musicale? Come sei arrivato a una rappresentazione visiva così drastica?

In realtà l’idea iniziale era ancora più drastica: Mikko avrebbe dovuto bruciare i dischi. Sono i miei dischi personali, sai… (ride, ndr), quindi non li avrebbe bruciati davvero, ma avremmo reso quell’idea. Più che liberarci del passato, quello che i dischi rappresentano è il peso della malinconia che senti nei nostri album. Mikko nell’auto canta di malinconia e sfoglia i vinili, l’intera discografia, e il peso di quel sentimento è in ognuno di noi, non è solo nella band, ma è visto da una prospettiva ampia, umana. E un’altra cosa che ha un po’ confuso le persone riguarda il video di “Innocence Was Long Forgotten”. La canzone è su Adamo ed Eva cacciati dal Paradiso. Il ballerino nel video ha partecipato anche al balletto su “Plague Of Butterflies”, si chiama Atte Kilpinen, ed è un ragazzo omosessuale. Qualche tempo fa ha pubblicato sui social una foto in cui era mano nella mano col suo compagno, e per questo ha ricevuto minacce di morte. Ricordo molto bene che in quel periodo stavo lavorando al video di “Innocence Was Long Forgotten”, e non potevo credere che la Finlandia fosse così arretrata su certi temi. Ero molto incazzato e amareggiato, così ho deciso che nel video, al posto di Adamo ed Eva, ci sarebbero stati Adamo e Adamo. Un bel vaffanculo da parte mia, perché noi “gente che fa metal” siamo mentalmente molto aperti, ma altri portano ancora avanti una mentalità becera, maschilista e omofoba, e per quanto mi riguarda devono andare a farsi fottere (alza il dito medio, ndr).

L’artwork di Shining è diverso dal solito. È bianco, essenziale, e rappresenta in modo esaustivo il mood del disco. Ho notato un particolare e vorrei chiederti se, per caso, i diamanti sulla copertina sono in qualche modo collegati al video di “This House Has No Home” (brano presente sull’album precedente) e al make-up che usavi durante quel tour (dei “diamanti” adesivi che Juha indossava sul volto, ndr).

Sì, assolutamente, c’è un collegamento. Le mani sono della stessa ragazza che è nel video di “This House Has No Home”. In realtà il concept legato ai diamanti come simbolo è iniziato ancora prima: nel brano che dà il titolo all’album When A Shadow Is Forced Into The Light c’è un verso che dice “and the scars like diamonds will cut through the veil of night”, fino ad arrivare a Shining, passando per Moonflowers.

A proposito del balletto basato su “Plague Of Butterflies”: è abbastanza inusuale vedere il metal a braccetto con una forma d’arte così “alta”. Non credo sia una coincidenza che una cosa simile accada in Finlandia. Diciamolo chiaramente: il metal è parte della cultura locale. Volevo chiederti se dalla tua prospettiva vedi delle differenze significative nel rapporto tra il metal e altre forme d’arte, rispetto ad altri paesi.

Tu conosci la Finlandia e sai quanto il metal sia pervasivo, quanto spazio occupi nelle classifiche e quanto venga passato in radio. Siamo molto aperti in tal senso, ora ancor più rispetto a una decina di anni fa. La Norvegia sta facendo anche di meglio per quanto riguarda il black metal, perché comprendono il valore di questo aspetto culturale (rimando a tal proposito all’intervista a Frost del 2022, ndr). In Finlandia siamo anche stati supportati dal governo durante la pandemia, e abbiamo ricevuto un finanziamento per il balletto di “Plague Of Butterflies” che però è andato in scena dopo la pandemia proprio a causa di essa. Ci è voluto più tempo del previsto ma ce l’abbiamo fatta, dunque, così si fa, Finlandia, sono orgoglioso di te! (sorride con le mani giunte in segno di gratitudine, ndr). Non lo do per scontato, ma penso che la Finlandia possa imparare qualcosa dalla Norvegia, e stiamo parlando di black metal, con tutte le considerazioni del caso… (ci scambiamo un sorriso di intesa, ndr)

Se potessi scegliere una qualsiasi band del passato o del presente, con chi vi piacerebbe andare in tour?

Sceglierei i Type O Negative, anche solo per avere la possibilità di assistere a un loro concerto ogni sera durante il tour… (sorride, come un vero fanboy, ndr)

Capisco perfettamente, ma tornando alla realtà, quale band ancora attiva sceglieresti?

Sceglierei gli Iron Maiden o i Metallica, consapevole che i loro fan sarebbero lì a gridare “Maiden! Maiden!” mentre noi suoniamo, impazienti di vedere la band principale. Gli Iron Maiden sono una delle mie band preferite, e per lo stesso motivo ti direi i Rush, e anche lì sarei consapevole che i loro fan si tapperebbero le orecchie durante il nostro set… sarebbe forse poco piacevole per il pubblico dei Rush, quindi direi sicuramente gli Iron Maiden, a costo di sembrare banale. È una scelta comoda in termini di business, ma è anche una band che reputo importante per me.

Un’ultima domanda: tornando al tuo rapporto con l’iskelmä, faresti mai una cover?

Sì, assolutamente. Non abbiamo fatto molte cover in passato, ma ho scritto recentemente tre brani che somigliano un po’ a quello stile, e stavo fantasticando sull’ipotesi di pubblicarli in finlandese e in inglese. Magari un ep, chi lo sa. Non è che non abbiamo le palle di fare una cosa del genere, perché questi pezzi suonano un po’ come “Before The Summer Dies” (un brano del triplo album Songs From The North, del 2015, ndr), quindi sono perfettamente in linea col sound degli Swallow The Sun. Come outro dopo aver suonato live usiamo sempre dei brani di Topi Sorsakoski & Agents, quindi chi viene ai nostri concerti riesce sempre ad ascoltare un po’ di iskelmä, ammesso che non si sia addormentato nel frattempo (ride, ndr). Dunque, sì, lo farei decisamente, anche perché la voce di Mikko è perfetta per queste cose.