SUMS: Kangding Ray + Barry Burns (Mogwai), 6/4/2016
Milano, Teatro Franco Parenti.
Arrivo pochi minuti prima delle nove al Parenti in zona Porta Romana. Già dalla folla che occupa l’area antistante l’edificio si capisce che l’unione artistica tra David Letellier aka Kangding Ray e Barry Burns dei Mogwai ha creato parecchia curiosità nel pubblico milanese. Incontro proprio all’ingresso Alessandro, uno degli organizzatori della serata, membro del collettivo Forevergreen, che non mi nasconde una certa tensione.
È l’eccitazione tipica del debutto, dove ogni cosa non può essere data per scontata. In effetti proprio di esordio si tratta, da più punti di vista. Innanzitutto per il luogo: Il Teatro Parenti non è solito ospitare concerti di questo tipo e dando uno sguardo alle locandine appese all’entrata lo si capisce bene. Il concerto dei due è inoltre il primo episodio di una piccola rassegna (altri due appuntamenti in programma, certamente degni di interesse) chiamata Electropark Exchanges. Gli stessi SUMS, per la prima volta in Italia, sono frutto del connubio tra due esperienze artistiche diverse e sicuramente importanti, la cui unione rappresenta però una novità. Nati nel contesto del Berlin Atonal 2015, sono un’intersezione tra mondi musicali per certi aspetti lontani: la techno minimale e quasi industriale di Kangding Ray e il post-rock di Barry Burns, polistrumentista dei Mogwai (va detto per completezza che Letellier prima suonava in band rock e aveva ben presenti gli scozzesi, lo dice anche nella nostra intervista).
Raggiungo il mio posto e noto che per fortuna l’affluenza è elevata. Si spengono le luci e compaiono sul palco gli attori, vestiti di nero: Kangding Ray al centro, attorniato da tastiere, mixer e synth modulare, Barry Burns sulla sinistra con chitarra e una schiera di pedalini, e c’è anche un percussionista sulla destra, che poi scoprirò essere Ettore Merlin, giovane italo-canadese che vanta collaborazioni illustri con Don Preston, Pat Mastelotto (King Crimson) e Nick Bugayev (qualche problema tecnico lo porteràogni tanto fuori battuta nella prima parte dell’esibizione).
Sin dalle prime note è evidente l’indole dark che accomuna i musicisti. Le chitarre e l’elettronica si incrociano a formare drone fumosi e oscuri, le percussioni disegnano ritmiche quasi ultraterrene. Poi partono i drum synth programmati da Letellier, suo inconfondibile marchio di fabbrica: cassa profondissima e colpi metallici secchi e chirurgici. Per la prima mezz’ora il live prosegue senza scosse e interruzioni, i tre cambiano brano senza mai staccare le mani dagli strumenti, ma qualche perplessità incomincia a sorgermi, forse è lecito aspettarsi qualcosa di più da simili artisti. Poi Kangding Ray imbraccia la chitarra e si avvicina a Burns, i due si dicono qualcosa e ne esce un pezzo puramente post-rock, molto vicino alle trame leggere e nostalgiche care ai Mogwai. Si crea da questo momento in poi una maggiore sinergia tra loro, che sembrano affrontare con più sicurezza il resto del live. Ray soprattutto, meno abituato a fare il front man e a nascondersi dietro pareti di synth, cerca con lo sguardo del pubblico e accenna brevi sorrisi e con lui tutti noi. Si alza il ritmo, un continuo crescendo di suoni technoidi e muri di chitarra elettrica riempie per bene il Parenti, che vibra sotto i colpi della kick drum. Poi è Burns a chinarsi sulle tastiere per il momento più elettronico e a mio avviso migliore della serata, più vicino alle sonorità degli album di Ray editi da raster-noton. Dopo più di un’ora di immersione l’applauso è lungo e scrosciante. Il pubblico ha apprezzato e ringrazia per il bel viaggio offerto. Ci starebbe il bis, che però non viene concesso. I due rientrano e salutano timidamente prima di scomparire dietro il sipario.
Un concerto interessante e intenso, dunque, con gli artisti che, dopo essersi rincorsi durante i primi brani, sono riusciti infine a trovare la giusta intesa.
Grazie ad Arianna Battiston per la foto.