Sulla Lingua, sul linguaggio

Quando con Fabrizio ci siamo confrontati sull’uscita dei Sulla Lingua, l’aspettativa da parte mia era molta. Conoscevo Anthony Pateras per i suoi lavori con Robin Fox e per quel piccolo gioiello che era stato Errors Of The Human Body; Riccardo La Foresta mi era nuovo ma leggendo le critiche ai suoi dischi e dando un’occhiata alle sue produzioni si percepiva una ricerca ed una profondità impressionante, mentre Stefano Pilia negli ultimi anni ha costruito mondi enormi. Come approcciare quindi questo terzetto? Ho provato ad impostare le mie domande su una base curiosa, per ricostruire la creazione di un disco e un possibile vissuto rispetto ai suoni, per l’esperienza provocata e per i possibili scenari futuri. Spero di esserci almeno in parte riuscito, dando loro la possibilità di far rimbalzare fra palato e denti il loro operato. Sulla lingua.

Salve a tutti e grazie mille per la disponibilità!
Partiamo dall’inizio: chi, come, quando e perché rispetto alla residenza artistica a Modena. Vi conoscevate già? Avevate già suonato insieme?

Stefano: Ho conosciuto Anthony anni fa a Bologna, doveva essere intorno al 2005. Penso che una delle prime volte in cui abbiamo condiviso un concerto sia stato all’XM24. Io suonavo con i 3/4 Hadbeeneliminated insieme a Valerio Tricoli, Claudio Rocchetti e Tony Arrabito, mentre Anthony suonava un incredibile duo con Robin Fox. Da allora siamo rimasti più o meno in contatto, ma ci siamo visti raramente negli anni. È stato attraverso Riccardo che abbiamo finito per iniziare una band insieme.

Riccardo: Ho collaborato per la prima volta con Anthony nel 2019, in un progetto commissionato da MUSICA SANAE, e abbiamo suonato in quattro festival tra Italia, Germania e Polonia. Era un settetto elettroacustico con musica composta da Anthony, successivamente pubblicato dall’etichetta polacca Bocian. Anthony e io volevamo fare un altro progetto insieme. Anni prima, Stefano e io avevamo suonato una colonna sonora dal vivo per un film muto e, poiché loro sono amici da molto tempo, è stato naturale avviare questo progetto. Nel 2021 io a Anthony abbiamo fatto una sessione di registrazione in cui lui ha campionato il mio strumento autocostruito, il Drummophone, poi abbiamo fatto tre giorni di residenza/prove in trio ed un primissimo live embrionale dove buona parte del sound e dei brani avevano già preso forma.

Che tipo di composizione/improvvisazione sta alla base di ON? I crediti parlano di registrazioni fatte sul Drummophone, manipolate ed elaborate fino a diventare la base per un lavoro collettivo. Come avete scelto il processo di lavoro e la forma che il lavoro finale ha preso?

Anthony: Sono sempre interessato alla sfumatura tra mondi elettronici e acustici, alla difficoltà nel determinare l’origine dei suoni e come vengono creati. Il Drummophone è potente in questo senso, essendo essenzialmente un dispositivo sonoro che crea onde quadre acustiche incredibilmente forti con un timbro elettronico. Riccardo ed io abbiamo avuto una sessione in cui ho registrato delle sue improvvisazioni casuali, sperimentando diverse posizioni di microfonazione su vari tamburi, poi ho selezionato sezioni per creare riff, motivi o idee texturali.

Quello che ho scoperto è che, una volta scelti loop e sezioni, iniziavo a sentire melodie e suoni da sintetizzatore. Questo è sempre un buon segno per me: quando una parte del processo porta organicamente e creativamente ad un’altra senza troppa pianificazione, semplicemente accade. Ho portato queste idee alle prove a Modena, e Stefano ha avuto subito ulteriori idee per suonarci la chitarra sopra, e Riccardo ha contribuito con la batteria.

Il Drummophone funge da collante tra chitarra e sintetizzatore, un po’ come il pianoforte preparato nella mia musica elettroacustica. In questo progetto, ha una qualità di chiave universale a livello orchestrale, collegando batteria, chitarra e synth. Questo rende il mix impegnativo, ma crea un suono pieno e spettrale.

Suonato in cuffia ad alto volume, ON è enorme, quasi magniloquente, senza mai risultare tronfio, ma sinuoso e in perenne movimento.
Chi vi ha seguito durante la registrazione e produzione del disco?
C’è stato un post-residenza artistica o tutto si è svolto in quel momento compositivo e artistico preciso? Quanto tempo vi ha preso l’intero lavoro?

Stefano: Partendo dai campionamenti di Anthony sul Drummophone di Riccardo, abbiamo inizialmente composto del materiale a Bologna e Modena. Poi lo abbiamo testato subito in alcuni concerti in Italia, Svizzera e Portogallo nel 2022. Una volta tornati, abbiamo registrato in un bellissimo studio, “Sotto il Mare”, vicino Verona. Sono stati fatti alcuni arrangiamenti extra ed editing successivi. Infine, abbiamo inviato il materiale a Tim Lewis, alias Thighpaulsandra, a Carmarthen, in Galles. Avevo già lavorato con lui con Zu e il Sogno Del Marinaio, e apprezzo molto il suo gusto e la sua capacità di mixaggio. ON è un disco difficile da mixare perché spesso Anthony e io lavoriamo con un approccio texturale stratificato, occupando lo stesso spettro di frequenza. Questa è spesso la parte più difficile da bilanciare. Tim ha fatto un lavoro splendido, ma penso che fin dall’inizio avessimo un’idea abbastanza chiara del suono che volevamo ottenere. James Plotkin ha fatto un master brillante.

Quanto ritenete necessario o utile conoscere i vostri percorsi artistici solisti per approcciare ON? Pensate che sia un album fruibile e apprezzabile a sé stante oppure il fatto che i compositori siano tre musicisti con una storia conosciuta non può essere ignorato? Un’opera d’arte – come un disco – ha necessariamente bisogno di una contestualizzazione per essere compresa?

Stefano: Non penso sia necessario. Credo sia una musica molto diretta, primitiva e primordiale, che parla da sé. Tutti e tre abbiamo sperimentato un ampio spettro di collaborazioni e progetti che sono un po’ fuori dal nostro contesto abituale, ma allo stesso tempo creiamo o abbiamo creato musica che lavora sulle texture. Credo che conoscere il nostro curriculum non faccia differenza. L’unica cosa interessante da sapere è il processo e le sue conseguenze: il Drummophone, cos’è, come funziona, come abbiamo estratto pattern, ritmi, note e riff idiomatici da questa collezione di campioni. Ma alla fine non è necessario saperlo per godere della nostra musica.

Riccardo: Concordo! Se conosci il Drummophone lo riconoscerai nell’album, ma se non lo conosci non cambia nulla. È anche un progetto molto diverso rispetto a tutte le altre collaborazioni che abbiamo individualmente, se conosci queste e i nostri lavori solisti questo è molto diverso, colpisce in modo diverso ed è per questo che lo trovo intrigante.

A che punto della lavorazione e in che modo Jonathan Clancy e Improved Sequence sono entrati nell’orbita di ON?

Stefano: Sono amico stretto di Jonathan da molto tempo e gli passo sempre la musica che registro, che mi coinvolge o che semplicemente mi piace. È così che condividiamo la maggior parte del nostro tempo. Gli è piaciuta. Ricordo che disse qualcosa come “spacca… sì, pubblichiamola con Improved”.

ON sembra muoversi tra i continenti, diventare aspro e cattivo, acido e psichedelico. Eppure sembra mantenere una propria peculiarità ed equilibrio, come se fosse materia viva, con una propria personalità. Come lo descrivereste a qualcuno che non ha avuto la possibilità di ascoltarlo?

Stefano: Se devo scegliere degli aggettivi direi primitivo, pesante, distopico, retrofuturistico ed avvincente.

Anthony: Per me ha una sorta di qualità classica alla Shellac/Slint mescolata con la musica da colonna sonora degli anni ’80 come John Carpenter o Basil Poledouris, ma anche, come dice Stefano, questo strano elemento futuristico, dove è sia distopico che positivamente ottimista. Il nostro demo si intitolava The Lover’s Guide To Optimistic Nihilism, un buon riassunto dell’atteggiamento. Le cose vanno male, dobbiamo riconoscerlo, ma è importante continuare, spingere avanti e non farsi schiacciare dalla negatività opprimente.

Riccardo: Attualmente questo è l’unico progetto in cui suono come batterista, con bacchette e piatti, quindi per me è musica rock… con una forte componente elettroacustica.
È un passepartout oscuro, gioioso, duro e groovy allo stesso tempo.
Una complessità distillata che diventa persino ballabile.

Ho ascoltato ON per la prima volta due volte di seguito in cuffia, tardi la sera, addormentandomi durante il primo ascolto e vivendolo tra sonno e veglia. Sicuramente influenzato da questo, a tratti mi è sembrato un disco che andava oltre il semplice ascolto, fino ad avvolgermi completamente, quasi portandomi all’interno del suono, fagocitato. Sembra la testimonianza di un processo che splende come opera conclusa. Come avete capito che era completo?

Stefano: Non sono sicuro che lo abbiamo davvero capito. Penso sia semplicemente successo che abbiamo tenuto ciò che ci piaceva, lavorato su ciò che ci ispirava e scartato i materiali di cui non eravamo soddisfatti.

La copertina di ON è in qualche modo insieme delicata e carnale, sessuale e tenera. Com’è nata e chi ne è l’autore?

Anthony: Negli ultimi tre anni ho lavorato alla colonna sonora del film d’esordio di Yves Netzhammer, “Reise der Schatten”. Durante questo processo, Yves e io siamo diventati buoni amici e adoro il suo lavoro visivo. È stato così gentile da offrirci alcune immagini tratte da uno dei suoi libri per accompagnare la nostra musica. Il suo lavoro è come lo descrivi: molto fine e delicato, esplora in qualche modo le oscurità sessuali, ma lo fa in modo tenero e vulnerabile. Le contraddizioni dell’esistenza umana sono espresse con forza nel suo lavoro, e si collegano bene a quello che dicevo riguardo alla nostra filosofia del “nichilismo ottimistico”.

Che tipo di seguito avrà ON? Avete intenzione e ci sarà la possibilità di portarlo dal vivo come spettacolo? Ripeterete l’esperimento oppure rimarrà una sessione unica nella vostra storia?

Stefano: Speriamo di fare più tournée e nuova musica.

Anthony: Spero di iniziare a lavorare su nuova musica per Sulla Lingua nel nuovo anno; sto pensando di iniziare a processare i loop del Drummophone con un sistema Kyma e vedere quali tesori ne verranno fuori!

Riccardo: Sicuramente continueremo, comporremo nuova musica e suoneremo!