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STROMBOLI, Volume Uno

Scoprii Stromboli, progetto solista di Nico Pasquini, durante la terza edizione di Imago a Bologna nel 2015, una situazione, quella del museo civico medievale, perfetta per le oscillazioni noise/drone del progetto. Un anno e mezzo dopo, sempre su Maple Death esce la seconda ondata di suono a nome Stromboli. Le evoluzioni e differenze non sono poche, la maturazione è quasi completa e la ricerca è messa a fuoco. Volume Uno è una creatura biomeccanica che si muove in un mondo post-umano, un ricordo del futuro. Lo scoppio elettrico di “Drag Phase” introduce al già conosciuto suono frizzante e quasi intimidatorio che si avvicina alle frequenze del primo Blanck Mass, scartandone però le grammatiche nostalgiche. Sembra che l’idea sia quella di rimanere in un angolo, senza farsi notare, aspettando il momento adatto per manifestarsi, che arriva con “Haunted”, la traccia più interessante, che pare recuperare le scorie arrugginite di Biokinetics dei Porter Ricks e vedere cosa succede facendole scontrare tra di loro. Si avverte anche un ideale sonico che avrebbe interessato i gusti DFA o Paw Tracks, il che fa intendere la dinamicità del pezzo e la sua funzionalità dal vivo. Stromboli guarda a un’elettronica moderna, contemporanea, e ci mette anche del suo, è ancora non del tutto chiaro che direzione possa prendere il progetto, che ha delle ottime potenzialità identitarie, ma che potrebbe anche perdersi nel mare della ambient techno post-industriale americana (etichetta immeritata, mi risulta difficile non citare Fernow in questi casi). Al di là di questo, Volume Uno è un disco che si lascia attraversare: i banchi di nebbia di “White Walls” rigenerano una quiete perfetta per le ultime tre tracce più dedite alla meditazione misantropica, ma non senza speranza, e anzi in “Glow” le meccaniche sembrano resuscitare, anche se alla fine non rimangono altro che cenere, ruggine e tanto vapore.