Stravaganze argentine: Kye e Farmacia
Lo scorso anno era stato il turno dei cileni Como Asesinar A Felipes, gruppo tra i più rappresentativi del fertile e felice periodo che sta attraversando la scena musicale sud-americana, anche al di fuori dei chiacchierati circuiti elettronici della global-bass e dei suoi incroci con cumbia e reggaeton: il mini-album MMXX, uscito durante l’autunno, rinfrescava una formula, ormai collaudata, di combat-rock, hip-hop, elettronica e dub; una versione contemporanea del crossover più contaminato, per un ascolto insieme familiare e inedito. Lo stesso può dirsi per altre due release arrivate dal Sud-America, dall’Argentina nello specifico, a cavallo tra la fine del 2020 e l’inizio del 2021: stiamo parlando dei lavori, tanto eterogenei quanto entrambi assai validi, di Farmacia e Kyse. Se i primi, in giro sin dagli anni Zero, sono oramai un nome ben noto negli ambienti alternativi più dark, i secondi sono solamente all’esordio.
Partiamo proprio con quest’ultimi: Javier Areal Vélez e Ignacio Sandoval, già attivi con altri progetti e differenti pseudonimi da più di un decennio, formano i Kyse e approdano sull’italiana Artetetra con quattro brani che sono schegge prodotte da un’inarrestabile vena creativa. Come se Animal Collective, Chupame El Dedo e Atari Teenage Riot venissero compressi nei pochi minuti dell’ep, impreziosito poi da un paio di remix che giocano con noise, footwork, hip-hop astratto e idm organica. Suono punk ibrido: attitudine centrifuga, tradizione autoctona e filastrocche disturbanti si mischiano senza soluzione di continuità in un irresistibile mix sampledelico. Ayuno risulta così un ascolto schizofrenico e imprevedibile: lo scorcio appena di uno dei tanti mondi obliqui e weird su cui si affacciano le finestre della mutante e mutevole Artetetra.
Celebrano invece i vent’anni di carriera i Farmacia: il duo formato dai fratelli Ariel e Diego Sima nasce infatti agli albori del nuovo millennio e, nel corso del tempo, ha sviluppato un sound sempre debitore della wave più sintetica e oscura, ma aperto a influenze diverse e spesso sperimentali. Anche il nuovo album omonimo (che segna il loro ingresso nel roster della label statunitense Wraith Productions e vede la partecipazione del veterano Monte Cazazza) prosegue su queste coordinate: già l’iniziale “El Núcleo De La Tierra” è un originale mix di synthpop e perturbazioni chiptune. Altrettanto insolita e sorprendente è la doppietta “Todo Parece Estar Perfecto” e “Signos De Amor”, con la prima che è un desertico rock’n’roll senza tempo e la seconda che invece si tuffa negli anni Novanta più iconicamente underground (chitarroni, ritmi elettronici simil-d’n’b e il lirismo del sax). Il disco però vanta anche un buon numero di pezzi forse meno spiazzanti, ma capaci di muoversi con esperienza tra vocazioni Eighties, atmosfere industrial, epicità e romanticismo: i Depeche Mode a bagno nella morfina di “Quiero Entender” e “Veo El Sol”, il noise-pop elettronico di “ADN”, lo struggente valzer alla Tuxedo Moon di “El Lado Oscuro”, il pop malinconicamente radiofonico e retrofuturista di “Hambriento De Amor”. Nell’insieme l’album appare perfetto sia per gli appassionati degli Ottanta “scuri”, sia per chi segue le traiettorie più inafferrabili e oblique della musica contemporanea.