STRATEGY, Strategy
Un tripudio di feedback, grasso dub e spersonalizzanti delay. Strategy è l’altra uscita (più space-oriented) per l’esordiente Peak Oil, una roba che definire scassata è fargli un banale complimento.
“Object Of Desire” è deliquio ed epifania pop-appiccicosa che neanche i più zuccherini Animal Collective (il pezzo che apre il disco si chiama pure “Sugar Drop”, fate voi…). Sì, perché in questo lavoro c’è un po’ di tutto, la psichedelia colorata dei Sessanta mescolata alla voce nasale di Paul Dickow, da Portland, che contorna a fatica i lineamenti certo poco definiti di una creatura sfuggente e difficile da catalogare come questa. Non siamo distanti, ancora una volta, dalle atmosfere care a gente flippata come Peaking Lights (“Saturn Day” sembra estrapolata di peso dal loro 936), LA Vampires, e compagnia. Qui non si disdegnano nemmeno esperimenti in odor di Ottanta (i tribalismi assortiti e in odor d’Africa di “Friends And Machines”) o quelli ancora più folli memori dei Mars (vedi la paradigmatica “Baby Fever”), dove sax e vocoder spadroneggiano indisturbati, ma da un’ottica meno chitarristica tout court. Chiude la lunga suite interstellare di “Dilemmas”, un ammasso di chitarre e batteria sorda che è proprio come quando cadete ubriachi in acqua, con le orecchie che sopportano il tuffo e voi che non capite un bel niente di quel che sta succedendo.
La strategia è chiara: farvi andare il cervello in pappa col sorriso sulle labbra, e il tipo con questo disco ci riesce perfettamente. State attenti però che è roba che fa male.
Tracklist
01. Sugar Drop
02. Objects Of Desire
03. Interlude
04. Baby Fever
05. Friends And Machines
06. Saturns Day
07. Dilemmas