[sterpaglie], Pellicano Del Deserto
Gli Sterpaglie vengono da Perugia e offrono al pubblico tre brani decisamente lunghi (due sopra i dieci minuti), ricchi di sfumature e dal forte impatto emotivo, al crocevia tra neo-crust, sludge e post-hardcore. Proprio dal primo dei tre linguaggi mutuano la passione per linee melodiche in grado di toccare corde interiori e stemperare un insieme altrimenti pachidermico, un macigno che avanza e si apre a sorpresa, ma non arretra né cede il passo di fronte agli ostacoli. Vengono in mente Fall Of Efrafa, Tragedy, Madame Germaine, grazie ai quali gli Sterpaglie recuperano le radici di un suono che va poi a prendere un taglio personale grazie a influssi psichedelici e un gusto palpabile per digressioni che consentono ai pezzi di protrarsi senza annoiare. Per assurdo, tentare di descrivere un lavoro come questo Pellicano Del Deserto rischia di non rendere giustizia allo sforzo compiuto dai suoi creatori, proprio perché il risultato finale supera la mera somma degli ingredienti e non si limita a alla sola giustapposizione delle proprie influenze. Quest piuttosto sono utilizzate per intraprendere un viaggio con l’ascoltatore, accompagnandolo dentro un vortice di pulsioni destinate a esplodere nel gran finale, oltre quattordici minuti di pura catarsi in note, con gli strumenti che aumentano sempre più di intensità e sembrano riflettere la foga dei musicisti, sotto il peso di una sofferenza che appare palpabile, tangibile.
Niente altro da aggiungere, se non il consiglio di lasciarvi sommergere da questo fiume in piena, di farvi bagnare dalle loro lacrime e perdervi in un dedalo di ricordi condivisi. Non sempre capita di lasciarsi coinvolgere e perdere di obbiettività, ma a volte è l’unico modo per riuscire a godere appieno di un disco, per trovarne la giusta chiave di lettura, il resto è solo mera matematica da libro contabile.
È il tuo pianto: lo porto ovunque, chiuso in un libro, per decifrarlo