STEFANO DE PONTI / NINA HAAB, Calce

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If you want to see, stay at
the top of a cliff. In the dome of a
overhanging space, the world is upset.
A man took a breath.

Come vi avevamo anticipato qualche tempo fa, Calce è un lavoro multimediale, anzi, come dicono gli autori, un’opera transdisciplinare costituita da cd più libro d’arte, che vede la collaborazione di Stefano De Ponti con l’artista Nina Haab, nata da un soggiorno dei due presso un’antica calcara nel Giura svizzero, ora sede di un polo artistico culturale. Stefano e Nina sono pervenuti al risultato che possiamo ammirare/ascoltare attraverso una raccolta di immagini, suoni, documenti e interviste in una sorta di processo di sedimentazione culturale che lega fortemente l’opera al territorio in cui prende vita. Haab, svizzera di Bellinzona, ha incentrato il proprio percorso artistico sul concetto di memoria collettiva: attraverso la raccolta di storie personali, documenti, immagini, tenta di dare forma e sostanza al concetto di identità collettiva. Stefano De Ponti è invece un artista audiovisivo che ha legato molta della sua opera al teatro; più che compositore si definisce, mutuando il concetto da John Cage, organizzatore di suoni, di tutto ciò che è udibile. Il suo credo musicale è sintetizzato dalla frase “hearing is seeing”, dandoci conto di una sua visione sinestetica della materia artistica; ex membro della formazione Passo Uno, il cui interesse per l’immagine in movimento si intuisce fin dal nome, ha già pubblicato Like Lamps On By Day per Old Bicycle Records e Under My Bed, un bel cdr dalle sonorità fortemente cinematiche.

Calce è stato concepito fin dall’inizio per la riproduzione dal vivo e come istallazione audiovisiva; la composizione ha previsto una parte molto corposa di improvvisazione e ricerca empirica alla quale poi si è affiancato un lavoro di selezione ed organizzazione del materiale. Nella sua parte musicale, è diviso in cinque tracce, senza soluzione di continuità ma notevolmente eterogenee per atmosfere e sonorità proposte. L’apertura, “Le Premier Son”, è forse quella che si lega maggiormente al lavoro della Haab, riproducendo la stratificazione di ricordi e memorie attraverso un catalogo incredibilmente ricco di suoni, tutto sommato ben assortiti, che sovrappone le storie di vita al paesaggio minerale della calcara. “Il Ronzio Degli Insetti” rifugge ogni tentazione didascalica per dare vita ad un taccuino di vita animale brulicante, un pamphlet di entomologia a base di percussioni metalliche, nenie in controluce e cambi repentini di umore; in “K’AN” la voce femminile ricorda di sfuggita quella di Diamanda Galás, mentre il finale è tutto per la batteria, energica e furiosa. “Spoken Stones” dura oltre venti minuti ed è la perla del disco, fortemente evocativa,  tanto che sembra di sentire la terra, i sassi e la polvere che sale in gola. È la descrizione di uno scenario in cui la presenza umana è ridotta ad immagini offuscate. In parte ricorda certa library italiana particolarmente rarefatta: il riferimento potrebbero essere i paesaggi lunari di Giorgio Carnini in versione Zanagoria. In “HSU”, l’ultima traccia, un flauto riecheggia ripetitivo, lontano, e introduce il parlato, forse in lingua giapponese, innestato su un pianoforte minimale: la chiusura è affidata, ennesima sorpresa, a elegantissimi archi. È un disco questo, lo avrete capito, che non lascia modo di annoiarsi: De Ponti utilizza una tavolozza sonora notevolmente ricca nel tratteggiare i suoi paesaggi, ma il lavoro risulta ben coeso ed aderente al concept di fondo.

Calce è disponibile in due diverse edizioni, a cura di Alice Cannava, una limitata a 150 copie in formato cd più libro d’arte e una in 300 copie cd più contenuti digitali. La produzione è ad opera di Sonnenstube, spazio culturale di Lugano dedito all’arte contemporanea, e Kohlhaas, etichetta trentina che si sta dimostrando particolarmente interessata al paesaggismo sonoro.