Stefano Battaglia trio al Teatro Sociale (ovvero la serata di un fotografo)
Amo i mesi di settembre ed ottobre, ed amo il festival “Contaminazioni Contemporanee”. Un festival che fa incontrare musiche antiche e moderne, il Nord Europa con il Mediterraneo e l’Oriente, il jazz con la musica sacra.
Un sabato di fine settembre questo festival proponeva il concerto del trio di Stefano Battaglia presso il Teatro Sociale, piccolo gioiello situato nella bellissima parte antica di Bergamo, città alta.
Io ero accreditato per fotografarlo.
Per qualsiasi concerto è mia abitudine recarmi sul posto nel pomeriggio, in modo da poter seguire il soundcheck, che offre a mio parere situazioni più interessanti da immortalare rispetto al concerto stesso. Recarsi in città alta nel pomeriggio di un giorno festivo non è così immediato come potrebbe sembrare, però. Città alta, infatti, nel weekend è chiusa al traffico, per cui una volta arrivati in Bergamo bisogna armarsi di infinita pazienza e cercare un parcheggio libero, che puntualmente risulterà lontanissimo e ci obbligherà a una lunga camminata per arrivare alla funicolare che porta nella città vecchia. Presso la funicolare dovremo fare una lunga coda dietro a turisti e coppiette di innamorati, prima per acquistare il biglietto e poi per la salita vera e propria. Una volta su, ulteriore camminata fino al teatro (in questo caso sotto una pioggerella fitta). Tutto questo in genere richiede più o meno lo stesso tempo che normalmente impiegherei per raggiungere Novara, altra mia meta fotografica ricorrente…
Una volta arrivato in teatro noto con un certo disappunto che – a causa della contemporanea presenza degli spettacoli della stagione lirica – è presente la cosiddetta “buca dell’orchestra” e che quindi i musicisti risultano molto lontani rispetto alla prima fila della platea. Musicisti che sono sul palco, ma – dato che i tecnici sono in ritardo – il soundcheck si sta svolgendo al buio, anzi, peggio, con i tralicci delle luci americane abbassati al livello dei musicisti e i tecnici in piedi in mezzo a loro a sistemarne orientamento e gelatine.
Impossibile fare foto.
Il soundcheck procede e la situazione non cambia. Incomincio a provare impazienza e preoccupazione, mi rivolgo al direttore artistico che si appella al capo delle maestranze.
“Sì, sì, abbiamo quasi finito, non preoccupatevi”.
Ma quando hanno finito è terminato anche il sound check.
Ce lo siamo fumato…
In effetti chi è fotografo conosce bene i rischi di questo mestiere. Chilometri e chilometri di strada, attese lunghissime, e magari arriva d’improvviso il divieto a fotografare. Il road manager non vuole, oppure il musicista è di cattivo umore e non vuole vedere nessuno nei dintorni, oppure ci sono luci pessime, o non ci sono affatto… insomma le insidie sulla strada de fotografo possono essere molteplici, ci si fa (quasi) il callo dopo un po’.
Rassegnato vado a magiare qualcosa e torno per lo spettacolo.
Ma fotografare in teatro un concerto con musica soffusa e raccolta come questa non è agevole. Oltre che invisibili, infatti, bisogna anche essere silenziosi. Purtroppo, però, ogni passo sullo scricchiolante parquet del teatro sociale si traduce in un disturbante rumore molesto… non posso nemmeno rimanere fermo accovacciato sotto il palco, che essendo alto non permette la totale visibilità dei (lontani) musicisti.
Perciò, nel buio, guardo cercando di capire se qualcuno dei palchetti è rimasto libero. Individuato il relativo numero lascio la platea, salgo e mi piazzo. Faccio qualche scatto, pochi, e solo quando la musica è più sostenuta, perché ad ogni scatto c’è una faccia in platea che alza lo sguardo in cerca il responsabile di quel fastidioso “click”.
Il concerto procede, non manca molto alla fine, ho cambiato diversi palchetti ma ho fatto poche foto, di routine, soprattutto d’insieme del trio. Mancano delle foto degne di questo nome, primi piani, foto ravvicinate.
Devo rimediare. Ma come?
Abbandono il palchetto, scendo le scale, imbocco l’uscita di sicurezza ed esco nella pioggia a cui si è aggiunta una leggera nebbiolina, clima questo che rende l’aspetto di città alta magico.
Vado sul retro del teatro e cerco l’ingresso dei musicisti. Entro. Sono sul palco, nascosto dietro le quinte. Spero che nessuno si accorga di me e di conseguenza venga a prendermi per il bavero.
Mi accuccio dietro una quinta, a pochi metri da Stefano Battaglia.
Faccio uno scatto, con cautela, cercando di capire se in platea si sente il click, o peggio, se Battaglia disturbato volge lo sguardo verso di me. Niente di tutto questo. Rassicurato scatto ancora.
Ho le mie sospirate foto ravvicinate, ma non sono completamente soddisfatto. Il concerto però sta per finire, l’ultimo pezzo è in corso, ormai non c’è più tempo.
Ma ecco che il dio dei fotografi si palesa.
Ultima nota, il silenzio, e lo scatto. Uno scatto solo, l’ultimo, ma quello buono.
Ecco finalmente la foto che volevo, una foto più intima che travalichi il concerto, che mostri l’uomo più che il musicista. Il genere di foto che cerco.
Fabio Gamba (Verdello – BG – 1965)
Autodidatta appassionato da sempre di fotografia e musica, decide di unire le due passioni e nel 2000 inizia a scattare le prime foto ai concerti che si svolgono nella bergamasca.
Entra così a contatto con la realtà legata all’ambiente della fotografia musicale che lo porta, nel 2004, a decidere di fotografare con continuità. Partecipa a diversi workshop ed incontri con professionisti del settore, inizia a lavorare e collaborare con loro ed in seguito ad esporre in mostre personali, collettive, ed a collaborare con musicisti. Nel 2007 diventa membro di Phocus Agency. Le sue foto sono apparse su cd, riviste e siti internet.