STEFAN CHRISTOFF, AIR

Stefan Christoff è parecchio attivo in questi ultimi mesi, durante i quali ci sta abituando a lavori di rara sensibilità e capacità di incontro. La coppia di album in collaborazione con Lori Goldston e con Adriana Camacho rivela infatti differenti lati del musicista canadese. Con questo ultimo AIR ci spostiamo ad Amsterdam, dove Shimmering Moods produce e promuove un lavoro in solitaria all’organo, concepito e registrato presso la base storica del musicista: Montreal. Qui da una parte Christoff esprime la volontà di viaggiare nel cosmo, attorno agli anelli di Saturno, mentre dall’altra ribadisce il suo essere attivista politico, impegnato in battaglie per un cambiamento futuro. A noi resta un album dove pedali e tasti si susseguono come onde che si allargano di raggio quando gettiamo un sasso in un lago, diminuendo sempre più la loro corsa. A tratti i brani si fanno quasi sacrali, come la splendida “Sunlight Now” oppure la minimalista “A Light Machine”. La strumentazione scelta e il lavoro di produzione danno ad AIR la possibilità di trasformarsi in un viaggio rappresentativo della poetica christoffiana. Rispetto al suo passato produttivo, spesso a confronto con altri musicisti, sia in diretta che in fase di assemblaggio e di post-produzione (come ad esempio a nome Spring Quintet insieme a Mattero Uggeri, Claire Abraham, Fern O’Dactyl, Peter Burton e Will Eizlini), AIR è un solista dover però trascende la sua personalità, trasformandosi in puro suono: vira ad Oriente in “Level”, balbetta mille proclami identici in “Conversations” facendoli diventare mantra sonori, poi con “Night Treeline” si inerpica in territori differenti, incaponendosi nello scurire tutto, battendo un andamento inquieto e storto, gotico a tratti, come se a suonarlo fosse l’abominevole Dr. Phibes. Subito vengono a noi le immagini più turpi prodotte dall’iconografia cristiana nella casta del cinema di serie B, ad aprire una porta che vorremmo veder spalancata da Stefan fino alle estreme conseguenze. Ma è solo un secondo: gli ultimi due brani, entrambi stupendi, sono poco più che spizzichi da 1:18 ciascuno, quasi a volerci lasciare pronti per le portate principali.

La sensazione è che AIR possa essere il primo tentativo in una direzione nuova, insieme concreta ed aleatoria di Stefan Christoff, per una musica che stilla l’anima del musicista direttamente dalle canne di un organo a Park Extension, Montreal, Canada.