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SOPHIA DJEBEL ROSE, Sécheresse

Sécheresse è un lento movimento centripeto di suoni e riverberi, di parole e idee che si infrangono continuamente le une sulle altre, in cerchi concentrici sempre più stretti intorno al cuore di Sophia Djebel Rose.

La storia insegna che un’opera di autoanalisi è sempre un oggetto scuro, da maneggiare con cautela: un Palantir tolkieniano che, se nutrito di sufficienti fantasie e paure, ci può risucchiare al suo interno. Una seduta spiritica che, se gestita con leggerezza, può lasciarci preda delle sensazioni più disturbanti. A chiamare gli spiriti, insomma, ci si fa spesso male, ma Sophia Djebel Rose sembra abituata a vederci molto bene, nel buio.

In Sécheresse l’evocazione continua di ricordi perturbanti, che siano uomini che indossano vestiti dorati o cerve bianche decapitate, serve a farli avvicinare il più possibile a noi, in modo che il combattimento sia caotico e sensazionale, che generi clamore in tutti quelli che stanno a guardare.

Questo disco dark folk è un racconto ipnotico di lotta, in cui la valenza lisergica di alcune sonorità (penso al riverbero sulla voce, e più in generale alla tavolozza di suoni scelta) è così ingombrante da sommergerci e farci rimanere ai bordi, troppo straniti per capire veramente cosa stia succedendo.

L’andamento liturgico di “Au Verger” sfuma fra i canti di uccello e si scioglie in “L’homme Au Costume Doré” che, con “Les Amandiérs”, rallenta e si allarga nello spazio fino alle cupe acque di “Blanche Biche”, una murder ballad medioevale dal testo terrificante, che riverbera nell’ecofemminismo. La title-track, il pezzo migliore per comprendere a fondo la poetica del disco, si estende e si contrae per undici minuti durante i quali voci lontane, riverberate, e lenti paesaggi chitarristici si alternano a momenti in cui la struttura si ricompatta intorno alle distorsioni. “Pareille Au Torrent” ci fa di nuovo prendere aria per il tuffo finale di “Les Noies”, uno dei pezzi più interessanti dell’album. Qui le intenzioni musicali mettono più a fuoco la potenza evocativa, e rendono questa lunga seduta spiritica un’esperienza condivisa anche con noi ascoltatori. Ballare coi demoni è qualcosa che a Sophia Djebel Rose riesce molto bene, ma è in “Les Noies” che finalmente ci raggiunge e ci coinvolge, regalandoci un sabba selvaggio e liberatorio.

Sécheresse è senza dubbio un disco interessante, che risalta con maggior forza quando riesce a esserlo anche per l’ascoltatore, scavando a un livello più viscerale al di sotto delle, comunque buone, intuizioni musicali.