Snowblind: Glacial Movements e il sogno di un’etichetta ambient italiana e internazionale
Vorrei imitare
questo paese
adagiato
nel suo camice
di neve.
Scott Morgan (Loscil) ha definito Alessandro Tedeschi un curatore di mostre, più che un label manager. Glacial Movements, in effetti, non nasce nel 2006 per far emergere una scena locale, ma sembra più selezionare lavori (un po’ è come se li commissionasse) che si avvicinino alla sua idea, che è quella di un preciso paesaggio fisico, sonoro e mentale. Di certo esiste un “fratello maggiore” per Glacial Movements: si chiama Thomas Köner e col suo trittico anni Novanta Nunatak – Teimo – Permafrost deve aver fatto scattare qualcosa nella testa di Alessandro. Persino il progetto dub-techno di Thomas (Porter Ricks) sembra proiettare parte della sua luce su di un catalogo che vede la presenza del battito di Brock Van Wey/bvdub e di Loscil stesso.
I pezzi pregiati
Inquadrare il sound di una realtà così focalizzata è necessario per orientare chi legge e non conosce, ma non perderei tempo a scriverne se la questione fosse così semplice. Negli anni Alessandro è riuscito a declinare in vari modi un’estetica apparentemente immutabile, proprio come i luoghi ibernati che visita e rappresenta. Del resto, basta confrontare certi frangenti poetici del suo progetto personale, Netherworld, con le basse frequenze spaccapavimenti di due artisti storici e importanti, dai quali è riuscito a ottenere un quadro per la sua galleria: Mick Harris (come Lull) e Francisco López, altri parenti stretti (e ai tempi più o meno inconsapevoli di questo) di quell’ambient che oggi noi definiamo isolazionista. Di sicuro la prima cosa che colpisce di Glacial Movements è proprio la capacità di entusiasmare figure di una certa esperienza intorno alla propria visione: nomino per l’ultima volta Scott Morgan, che ha regalato ad Alessandro un lavoro nel quale mostra tutta la sua versatilità di sound designer, “tradendo” in parte se stesso e facendo qualcosa di ovviamente diverso anche dai due illustri colleghi menzionati qualche riga più su, tanto per ribadire l’eclettismo nell’uniformità di Glacial Movements. All’inizio, tra l’altro, c’era stato anche Robin Storey (Rapoon), membro dei pionieri industrial/dark ambient Zoviet France.
Le scommesse vinte
Tedeschi non si appoggia solo su artisti affermati, non bluffa e non ha paura di sbagliare. Escludendo il suo Netherworld, il cui primo lavoro ha contribuito in ogni caso a far pubblicità alla sua avventura di editore, bisogna parlare di Aquadorsa, che univa il glitch di Enrico Coniglio alle scelte più classiche di Gianluigi Gasparetti (Oophoi): oggi Enrico è uno dei sound artist più attivi e conosciuti a livello italiano nel contesto ambient/experimental. Inoltre, se ottima è stata l’idea di richiamare l’attenzione degli appassionati sul duo norvegese Pjusk (in precedenza su 12k), così come ancora più di recente sul progetto Celer, è il caso di nominare anche il lavoro fatto quest’anno dai napoletani Retina.It con Descending Into Crevasse, disco che dimostra ancora una volta come la personalità dell’etichetta e quella dell’artista debbano venirsi incontro affinché la pubblicazione su Glacial Movements acquisti senso compiuto: Lino Monaco e Nicola Buono in precedenza si erano mostrati sì freddi (vedi Randomicon), ma asettici come Pan Sonic, Alva Noto e compagnia, mentre per Alessandro hanno adottato tutta un’altra serie di soluzioni più ambient e anche più “emozionali”.
Ascoltatori attenti – anche tra chi mastica questi generi – si sorprenderanno di quante tonalità abbia il bianco.
Netherworld(s)
Due parole a parte per il lavoro di Alessandro come solista, che nasce da registrazioni sul campo (artico, dato che stiamo parlando di un viaggiatore) e dalla sua buona mano come sound artist (ad esempio, per come trasfigura frammenti di musica classica nel suo lavoro). Negli anni sono usciti Mørketid (il periodo più buio dell’anno, in norvegese), una collaborazione coi Nadja (Magma To Ice, dove lui era la quiete prima della deflagrazione di Aidan Baker e Leah Buckareff) e Over The Summit, album nel quale – considerato l’isolazionismo degli esordi – porta a termine quello che già al debutto sembrava un percorso di pacificazione interiore. Non solo Köner, dunque, ma influssi sempre molto interiorizzati di Roach, Stars Of The Lid…
Interessante, anche per l’idea che dà di Glacial Movements come laboratorio, I Remember (translations of ‘Mørketid’), vera e propria trasfigurazione dub techno del primo album di Alessandro firmata da Brock Van Wey.
Intervista
Sono in contatto con Alessandro praticamente dall’apertura dell’etichetta e già in passato abbiamo fatto il punto della situazione, ma gli anni passano velocemente, quindi rieccoci qua.
Dopo sei-sette anni quale è il tuo bilancio? Mi piacciono le domande facili.
Alessandro Tedeschi: Direi un bilancio piuttosto positivo. All’inizio della mia avventura non avrei mai immaginato di produrre la musica dei miei artisti preferiti. Passo dopo passo, ho capito che stavo andando nella giusta direzione, il percorso si è fatto sempre più chiaro nella mia testa. Le idee che avevo in mente prendevano la forma desiderata, e questo mi ha permesso di andare sempre più avanti.
Sei ancora un uomo solo al comando o c’è chi ti dà una mano, magari per gestire gli ordini e cose così?
Sono sempre solo, e credo che sarà sempre così. Avere la gestione totale dell’etichetta (artistica, promozionale e degli ordini) è per me fondamentale, anche se – devo ammettere – non è affatto facile quando hai già un lavoro che t’impegna per tutta la giornata.
Delle volte sembra che tu riesca a trovare quel tassello della discografia di un musicista che meglio si adatta alla tua estetica. Altre volte sembra proprio che ti siano voluti venire consciamente incontro. Come funziona il dialogo tra te e i “tuoi” artisti?
Durante questi anni ho coinvolto artisti molto diversi tra loro, ed il motivo principale che mi ha spinto a farlo è stato quello di vedere/sperimentare come adattavano il loro stile musicale con il concetto del ghiaccio perenne (e di tutte le sue infinite sfumature). Ho sempre trovato persone e artisti fantastici, che hanno risposto con molto entusiasmo alla mia chiamata. Questo è senza dubbio motivo di grande orgoglio per me.
Che ci dici di Celer, la tua ultima uscita? E la prossima? Qualche nuova scommessa o di nuovo il nome importante che non t’aspetti?
Il nuovo lavoro di Celer (Without Retrospect, The Morning) è il più fine e introverso album dell’intero catalogo Glacial Movements. Il suono è di una leggerezza e di una luminosità assolute, e la copertina che ho scelto insieme a Will Long lo rappresenta alla perfezione. L’ascolto richiede molta attenzione, perché ci sono moltissimi dettagli e sfumature che possono essere apprezzate in un ambiente assolutamente silenzioso (magari guardando fuori dalla finestra mentre nevica). Il 2013 sarà un altro anno importante per Glacial Movements, anche se per motivi economici dovrò limitare le uscite discografiche. Tuttavia, produrrò un gran bel lavoro di Aidan Baker e poi, per la prima volta in assoluto, una collaborazione tra due grandissimi nomi della scena ambient/elettronica mondiale: Loscil & Bvdub. Il loro lavoro si sviluppa attorno a un’idea relativa ad alcuni inni e canti che gli esploratori artici intonavano per loro stessi nel tentativo di rimanere in vita quando rimanevano intrappolati nel ghiaccio. Credo che il risultato finale sarà magnifico! Ci sono inoltre due nuove scommesse: Yuya Ota e Frozen Thoughts, ma entrambi i lavori usciranno solo in formato digitale. Ho anche in cantiere un mio nuovo disco, ma ancora non so di preciso quando vedrà la luce.
Nel corso del tempo hai mostrato eclettismo nell’uniformità. Nel tuo catalogo, ben amalgamati, ci sono spunti da epoche diverse e (sotto)generi elettronici diversi. Cosa ti intriga oggi nel giro elettronico/ambient? Se non fosse una questione d’amore, come nel tuo caso è, ma di soldi, di quali label temeresti la concorrenza?
Mi piace molto la fusione di tessiture di musica classica con quelle elettroniche e da improvvisazioni sperimentali. Sinceramente, non temo la concorrenza di nessuno, credo – e non lo dico per vantarmi – di aver creato una label unica nel suo genere, e ciò che ha detto Scott Morgan (Loscil) nella tua intervista rappresenta perfettamente l’idea. Ci sono artisti affermati e nomi nuovi, e tutti insieme partecipano alla visione del “grande freddo” in modo molto diverso tra loro, ma nello stesso tempo con una caratteristica comune che è data proprio dal concept dell’etichetta. Ovviamente ci sono label che io ammiro e rispetto, quali ECM e Touch, ma non le vedo assolutamente come “rivali”.
Ho visto che – oltre che su Boomkat – sei su Bleep, storico negozio di mp3 collegato alla Warp. Che ne pensi della distribuzione digitale dei tuoi dischi? Ha migliorato un po’ le tue vendite?
Vedere le mie uscite discografiche anche su Bleep è stato un gran bel successo per me, anche perché loro hanno sempre fatto una breve recensione di ogni lavoro (hanno anche in vendita i cd, non c’è solo il download). Il digitale vende di più rispetto ai digipack. Questa ormai è una situazione che si è stabilizzata nel tempo. Basta pensare che a novembre di quest’anno ho totalizzato ben 46000 tra download e streaming (anche su YouTube), purtroppo però la gran parte è stata effettuata su siti che non pagano molto bene, e quindi i ricavi non sono elevatissimi. Tuttavia questa tendenza indica un grande interesse per Glacial Movements e mi auguro che una piccola parte di queste persone un giorno acquisti anche il prodotto fisico, che per me è fondamentale.
All’opposto ti chiedo: viste le nuove manie/mode sul “formato” in ambito underground, hai mai pensato a fare un vinile o una cassetta? E una t-shirt? Anche se nel tuo caso forse ci vorrebbe un berretto…
Sì, ci sto pensando (al vinile intendo), però anche in questo caso i costi sono un po’ elevati, e di certo la qualità non è all’altezza del cd. Inoltre anche i costi di spedizione sono altissimi. Non ho mai seguito le mode, e credo che continuerò su questa strada. Ottima idea invece la tua! Un bel berretto con il logo di GM sarebbe azzeccato… devo chiederti i diritti?
Raccontaci per favore della tua esperienza al festival della Störung.
È stata davvero molto bella e utile. E soprattutto è stata la mia prima uscita fuori dalle mura domestiche. Ho suonato per un’ora circa tutto il mio repertorio, con l’ausilio di un video curato da Pier Paolo Patti (Mastofabbro). La location si presta davvero molto bene per questo tipo di musica. Si tratta di un teatro situato presso la Farinera del Clot, dove la gente viene per poter ascoltare in silenzio le performance degli artisti. Organizzazione perfetta e nuove amicizie con tutto lo staff mi hanno dato veramente tanto. Sono molto triste invece per la notizia della scomparsa di uno dei curatori di Störung e anche amico, Juan Diego, il suo ricordo rimarrà sempre con me!
Qual è il tuo rapporto con la scena ambient e sperimentale italiana? Le etichette abbondano, co-producono e partecipano anche a piccoli festival locali. Forse mi sbaglio, ma ti vedo un po’ più defilato.
Sì, hai visto bene. Non so darti con precisione una spiegazione, ma non ho molti rapporti con la scena italiana. Il fatto di essere defilato forse riflette un po’ lo spirito isolazionista sia mio che di Glacial Movements. Tuttavia ho molte amicizie con i vari artisti e giornalisti di settore e non. Ho anche in mente di fare in futuro un bell’evento con tutti gli artisti di Glacial Movements, però avrei bisogno di fondi e al momento non saprei dove trovarli.