SNEKKESTAD / GUY / FERNANDEZ, The Swiftest Traveler
“Prassi modernista al lavoro”
Il camminatore che proverà a stabilirsi e stabilizzarsi sulla superficie sonora di questa release si troverà presto con i piedi in aria: dovrà infatti districarsi tra spigolosità, irregolarità e nervosismi di un free jazz in parte rieducato da contorcimenti pendereckiani e visionarietà à la Stockhausen. Cluster e ribattuti, trilli e scale a brandelli, frasi frammentarie e armonie cromatiche percorrono quasi per intero il lavoro di questo trio comunque ben coeso e stretto intorno ad una poetica del gesto feroce. Tutto ciò non ha un esito meramente caotico e performativo (in quanto persiste sempre un sottile gioco tra intenzione ed azione, e tra aggressione e sospensione) ma nemmeno produce effetti-sopresa (si sente talvolta la mancanza di contrasti, complementarietà, variazioni del tempo interno). Il contrabbassismo del veterano Barry Guy (London Jazz Composers Orchestra) è indubbiamente il collante tra il modernismo dei paesaggi multifonici con figurazioni microtematiche di Torben Snekkestad e la quasi costante densità articolatoria del piano di Agustí Fernández. Registrato al “Loft” di Colonia nel giugno del 2018, The Swiftest Traveler è un trattato sull’incompletezza in sette capitoli verbosi e loquaci, con due eccezioni: “Sway”, dove si intravede una fusione tra gli elementi, un incontro tra le parti, un andare volutamente nella stessa direzione, e la conclusiva “Interlude”, pezzo bipartito (prima parte disarticolata e parcellare, seconda parte lirico-elegiaca) con una transizione centrale in cui la proposta di un’idea ritmica subito si sgretola. Non si può dire nulla contro la coerenza del lessico e della sintassi di questo solido trio, così come non ci si deve attendere picchi espressivi inauditi, visto che nulla riesce mai realmente a slanciarsi fuori da una navigata prassi improvvisativa.