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SKEPTICISM, Ordeal

SKEPTICISM, Ordeal

Ecco, questo è un disco che attendevo da tempo immemore, sette anni per la precisione. Non so se nel frattempo i nostri siano stati in Tibet, ma è questo l’esatto lasso di tempo passato dal precedente Alloy. Premessa: quando si parla di funeral doom, la sacra triade, per il sottoscritto, è composta da Thergothon, Skepticism ed Esoteric. Il demo dei primi risale al 1991, il 7″ d’esordio dei secondi è del 1992, il demo degli inglesi è del 1993. Ecco composta cronologicamente la gerarchia. Se però consideriamo che gli Esoteric hanno in genere sempre incorporato qualche sparata death metal, a livello di “purezza” ci ritroviamo in mano con una diade tutta finlandese. Se precisiamo che i Thergothon hanno realizzato solo un disco nel 1994 dopo il demo, quando invece gli Skepticism non hanno mai smesso di suonare, possiamo indicare facilmente i vincitori. Oltretutto la formazione è rimasta fondamentalmente sempre la stessa (giusto nel singolo c’era un altro cantante), caso non comune che comunica coerenza nella crescita artistica e direi anche amicizia (credo di poter affermare con certezza che non sia un lavoro per i vari membri). Un nuovo disco per gli Skepticism è quindi un evento topico per qualsiasi appassionato di suoni depressivi e suicidogeni.

Tre particolarità accompagnano Ordeal. Per la prima volta gli Skepticism escono anche su vinile (escluso sempre l’introvabile primo singolo) e con il surplus di un dvd (disponibile anche abbinato alla versione cd) che testimonia la loro esibizione dal vivo del 24 gennaio del 2015, durante la quale è stato registrato il disco. Questa è esattamente la seconda particolarità: il nuovo materiale non esce da uno studio. A parte il lato tecnico, dato che si tratta alla fine di una presa diretta con un genere che non punta certo sul virtuosismo, colpisce il voler dare una dimensione sociale a una musica che istintivamente associo invece a una dimensione intimista. Esperimento senza dubbio originale e apprezzabile. La terza novità riguarda l’inserimento dal vivo (e quindi anche su disco, in questo caso) di un secondo chitarrista, una scelta probabilmente obbligata dall’impossibilità di effettuare sovraincisioni. Il resto è sempre lì: la lentezza, la malinconia, la tastiera sempre presente, la voce ultragutturale. Si può notare, forse, una maggiore ariosità nelle chitarre – soprattutto nelle parti soliste – a scapito della monoliticità, ma questo è qualcosa a cui tendevano sin dall’inizio, dunque ha pienamente senso. A cuor leggero mi sento di considerarlo uno dei miei highlight del 2015. Altra nota di colore, l’ormai ultra-citato singolo d’esordio è stato ristampato in quantità limitata e distribuito gratuitamente a tutti quelli che hanno partecipato al concerto/registrazione di Ordeal. Questa è l’unica cosa che mi fa incazzare (ma solo perché quel singolo lo vorrei anch’io).