SIGUR RÓS, 9/7/2023
Roma, Auditorium Parco Della Musica.
A quindici anni esatti dall’esordio italiano (12 luglio 2008), la band islandese è tornata al gran completo, visto il rientro del tastierista Kjartan Sveinsson e la magia unica di un suo concerto si è finalmente ripetuta! In questi ultimi anni la mancanza di Sveinsson era evidente e palese: compositore originale e vera mente musicale di Sigur Rós accanto come logico al cantante Jónsi, che però da solo non poteva e non può eguagliare i primi cinque album del gruppo.
Ricordo personale: scoprii i Sigur Rós, come molti credo, con il magnifico secondo album Ágætis Byrjun del 1999 ed ebbi la fortuna di vederli dal vivo al Beacon Theater di New York il 24 settembre 2001, cioè nella data di riapertura dei teatri dopo il lutto nazionale seguito agli attentati dell’11 settembre. Ebbene i Sigur Rós al loro debutto newyorchese fecero un concerto tanto straniante quanto drammatico finito con delle immagini, in quei giorni ancora inedite, degli aerei che si infilavano nelle Torri Gemelle sottolineate dalle note del loro pezzo più aggressivo “Hún Jörð”, tratto dal loro primo Von: un vero colpo basso, col suo incedere violentissimo lo show si chiuse dopo 75 minuti senza una parola né un saluto né un bis, e soprattutto senza applausi!
Tutta altra storia oggi dopo venti anni sui palchi di tutto il mondo, anche se alcuni punti fermi rimangono nei loro set come le poche parole scambiate (in islandese!) con il pubblico, il bis che non si concede e insomma nessuna ruffianeria rock, ma in compenso la quantità e soprattutto la qualità di musica letteralmente scaricata sul proprio amatissimo pubblico è più che raddoppiata con infiniti e ripetuti inchini e saluti finali. Due ore e passa di canzoni di cui nessuno può ricordare i titoli e che si susseguono una dopo l’altra come fossero una unica lunga suite. Per il concerto romano abbiamo “contato” circa 20 pezzi pochi, due o tre, estratti dal loro ultimo bell’album Atta che uscirà dopo l’estate ma che in realtà già circola tutto intero in rete. Atta, che significa otto in islandese, otto come i dischi di lunga durata incisi da Jónsi e compagni, registrato fra l’Islanda e gli Abbey Road Studios con la collaborazione della London Contemporary Orchestra diretta da Robert Ames, che noi si sperava, dopo alcune date live europee, arrivasse anche a Roma ma così non è stato. “Accontentarsi”, però, è stato facile: i quattro sul palco hanno ipnotizzato una Cavea dell’Auditorium Ennio Morricone gremita oltre modo (il concerto era sold out da mesi), componendo un catalogo di brani che ha coperto tutta la loro ormai lunghissima carriera. Dunque chi come il sottoscritto si aspettava più che altro la presentazione del loro ultimo disco è rimasto abbastanza sorpreso riascoltando le conosciute e meravigliose melodie tratte da Takk, da Von, da Ágætis Byrjun, da ( ) o da Með Suð Í Eyrum Við Spilum Endalaust, due ore e passa d’estasi e concentrazione generale riassunte bene da uno spettatore accanto a me: “Non si sente volare una zanzara!”.
In finale, poi, mi si è ripresentato trasfigurato da immagini digitali quel ricordo di 22 anni fa al Beacon Theater: una doppia versione infuocata di Hún Jörð con sul grande schermo, piazzato alle loro spalle, la sagoma doppia di parallelepipedo di vetro cemento, evidentemente un grattacielo, e le sue pareti lisce con le finestre in sequenza che ad un dato momento esplodono in un furioso rosso digitale che diventa il segnale interrotto in bianco e nero di una frequenza televisiva. Ora naturalmente io il dubbio avrei voluto togliermelo chiedendo a Jónsi se il fantasma del nine eleven fosse frutto esclusivo della mia immaginazione, ma un immenso pullman nero se l’era già portato via verso Bari!
P.S.: Sempre in tema apocalittico in rete è disponibile sul sito della loro etichetta Krunk l’ultimo straordinario video “Blodberg”, tratto da Atta, diretto dal regista svedese Johan Renck, la serie tv “Chernobyl” era sua.