SI NON SEDES IS
Abbiamo dovuto aspettare molto per mettere le mani su Father Of All Lies, un’attesa che ha portato in dote un album che lascia il segno e colpisce l’ascoltatore grazie a una musica ricca di pathos e sfumature differenti. Un’opera in cui parole, suoni e immagini si rincorrono per offrire un viaggio dal forte potere evocativo e dalle molte possibili interpretazioni. Di ciò che ha suscitato in noi l’ascolto del disco abbiamo detto in sede di recensione, ma era interessante anche (se non principalmente) scoprire cosa rappresenta e come è stato vissuto dagli stessi Si Non Sedes Is, ai quali lasciamo più che volentieri la parola.
Ciao, direi che sarebbe interessante cominciare parlando delle ultime cose accadute in casa Si Non Sedes Is e dei cambiamenti intervenuti nell’ultimo periodo. Vi va di raccontarci qualcosa?
Gregorio (voce): Dunque, dal 2010 il nostro batterista originale Matteo è andato a vivere all’estero, quindi un po’ di tempo dopo abbiamo chiesto a Luca (Marnero) di suonare con noi anche in previsione della futura uscita del disco a cui stavamo già lavorando. Poi uno dei nostri due chitarristi, Cristiano, è andato a vivere a Milano, di conseguenza abbiamo continuato a suonare dal vivo anche a volte con una sola chitarra o facendo rendez-vous in giro per l’Italia coi vari componenti. Ogni tanto abbiamo fatto anche qualche set improvvisato senza batteria con formazioni allargate, ma comunque ci siamo resi conto che in questa situazione non potevamo presentare il disco, quindi abbiamo reclutato anche Valerio (Inferno), il quale, dopo averci fatto da coach durante la registrazione del disco (curata da lui), adesso ci aiuta anche con i live ogni qual volta abbiamo problemi di formazione (cioè praticamente sempre). Tutto chiaro, vero?
In rete non si trovano poi così tante informazioni su di voi, sembra quasi che l’aspetto comunicativo sia messo in ombra dalla voglia di lavorare lontano dai riflettori, di lasciar parlare la musica. Oppure c’è dell’altro?
Cristiano (chitarra): Sarebbe fico e molto semplice ricamare sull’importanza primaria della musica (cosa che comunque credo sia vera in assoluto), non disperdendo energie in altri aspetti, ma a parer mio non siamo mai stati dei geni della comunicazione e comunque questa componente di instabilità non gioca certo a favore di una strategia mirata alla diffusione del nostro lavoro in maniera organizzata e lineare.
Gregorio: Non è una cosa voluta, è solo che non siamo molto attivi come persone in rete (per capirci: su cinque di noi solo due hanno un profilo personale su Facebook). A me piaceva quando c’era MySpace, perché ci si poteva rapportare quasi esclusivamente con la gente del giro musicale, ma comunque per quanto possibile ci proviamo a far girare le nostre cose in rete: per quanto riguarda il resto, non penso che ci interessi particolarmente farci conoscere per altro che non sia la nostra musica, credo sia per questo motivo che non si ne trova molto in rete su di noi.
Non siete musicisti alle prime armi, per cui mi viene da chiedervi in che modo la vostra storia personale e le vostre passate esperienze finiscono in ciò che fate oggi. Sentite ancora un legame con le vostre radici ?
Gregorio: Direi che il legame e la continuità con la nostra storia musicale sono totali. Individualmente, di sicuro siamo tutti cresciuti e cambiati, ma il nostro gruppo è una continuazione diretta di quello che abbiamo sempre fatto insieme musicalmente.
Cristiano: La nostra fortuna è che da subito, e penso di poter parlare anche a nome di chi suona con me da almeno vent’anni, abbiamo lavorato, anche inconsciamente, per sviluppare un linguaggio molto personale. Tanti ascolti, riferimenti diversi, passioni sfrenate che ciclicamente si rinnovavano.
Matteo (chitarra): Parlando di radici, penso che possiamo paragonare la nostra storia a quella di un albero in cui ogni ramo è uno dei gruppi che abbiamo condiviso e le foglie sono le canzoni. Personalmente sono stato coinvolto nei Concrete, Il Sangue, Fucking Blood, Notorius e Le Vene, quasi sempre in combutta con Cristiano, Gregorio e Diego…
Father Of All Lies è un titolo dal forte impatto evocativo, a cosa si riferisce? Vi va di parlarci dell’aspetto lirico del disco o preferite sia l’ascoltatore a dare la propria interpretazione?
Gregorio: Il titolo è uno degli pseudonimi di Satana, nel Vangelo di Giovanni è definito “Menzognero e padre di menzogne”. Dal punto di vista del riferimento diretto il motivo è che sono convinto che quello che distingue e caratterizza gli esseri umani sia il loro lato oscuro, il male, le tentazioni… Inoltre mi piaceva come titolo, perché tutte le parole che lo compongono sono cariche di significato sia se prese individualmente sia se lette come frase. Anche quest’ultima si presta a varie interpretazioni e questa è una delle cose che mi piacciono. In effetti, comunque, personalmente vorrei che fosse l’ascoltatore a dare una sua interpretazione di tutto quello che facciamo. La musica, i testi e l’aspetto visivo… il fatto che alcune cose siano chiare e altre no, è qualcosa di voluto e studiato. Posso aggiungere che questo è uno degli argomenti di dibattito all’interno del gruppo, ma visto che io non stabilisco le rullate della batteria, su questo punto decido io! Un’altra cosa importante è che amiamo collaborare con amici ai quali, come a noi, piace esprimersi artisticamente, quindi nel disco ci sono contributi musicali, testuali e grafici di persone che stimiamo e a cui vogliamo bene, e anche questa per noi è una cosa molto importante. Non c’è nessun aspetto del disco che non abbia un significato e un valore per noi.
Di sicuro uno dei titoli che mi ha più colpito è “La Quinta Musicale, Il Calore E Il Colore Verde”, così come verde è il colore predominante nell’immagine dell’artwork. Possiamo parlare di un filo conduttore legato a questo colore?
Gregorio: Questo titolo è un riferimento a una frase di Gustavo Adolfo Rol: “Ho scoperto una tremenda legge che lega il colore verde, la quinta musicale e il calore. Ho perduto la gioia di vivere. La potenza mi fa paura. Non scriverò più nulla”. Il motivo per cui abbiamo adottato questo titolo è innanzi tutto che si tratta della “V” canzone che abbiamo composto, quindi la chiamavamo già tra di noi “la V” e abbiamo solo allungato il titolo… più seriamente diciamo che ci interessano nella nostra musica come nell’arte in genere la suggestione, l’illusione, le capacità e i limiti della percezione, quindi cerchiamo un filo conduttore in tutto quello che facciamo e anche se la scelta del colore verde per la copertina alla fine è una questione estetica, chiaramente l’impressione che fa su chi la vede è diversa da quello che sarebbe se fosse di un altro colore, e tutto questo ci piace. Però sia ben chiaro a titolo personale che per me esiste solo il nero!
Il brano nominato è anche decisamente interessante dal punto di vista musicale, dato che c’è un incipit ambient dal forte impatto. Ma è tutto l’insieme del disco ad aprirsi a spunti e linguaggi differenti. Da cosa nasce quest’attitudine? Ascolti onnivori, voglia di mettersi in gioco, esigenza di dare corpo a un lavoro con più anime o cos’altro?
Gregorio: Direi tutte queste cose insieme, soprattutto di sicuro ascolti onnivori e molto diversi all’interno del gruppo, voglia anzi necessità di creare della musica che non sia categorizzabile in un genere musicale e che sia varia e possibilmente imprevedibile.
In generale come avete lavorato per la stesura dei brani e per la registrazione? Possiamo definirlo un parto spontaneo o il frutto di un lungo travaglio? Quali credete siano stati gli aspetti più complessi e i momenti/passaggi più difficili da superare?
Gregorio: Decisamente si tratta di un lungo travaglio. I pezzi sono scritti partendo da un riff (sempre lo stesso), che poi si evolve in una canzone troppo lunga, che poi accorciamo tagliando il riff di partenza, poi si ripete questo processo (involontario). Comunque sono stati vivisezionati in sala in modo quasi maniacale prima di essere considerati completi. Questa parte del lavoro si è svolta tra il 2007 e il 2010. Poi abbiamo iniziato a registrare il disco (nel 2010, appunto) partendo dalla batteria, visto che il batterista era in procinto di trasferirsi all’estero. La registrazione del resto degli strumenti è durata fino al 2012 e io ho finito gli ultimi ritocchi alle voci all’inizio di quest’anno (2014). I motivi di tutta questa lentezza sono tanti, soprattutto di ordine finanziario oltre che sicuramente organizzativo, diciamo che abbiamo preferito realizzare il disco così piuttosto che non realizzarlo affatto, e penso che abbiamo fatto bene!
Father Of All Lies esce per alcune label tra cui Sangue Dischi. Luca, come ci si trova a muoversi sia come musicista sia con la label? Provi maggiore pressione quando sei coinvolto in prima persona nei dischi che produci?
Luca (batteria e Sangue Dischi): Diciamo che si tratta di una questione dai risvolti ambivalenti. Da una parte sicuramente essere anche musicista coinvolto nel progetto porta a congiunture cariche di ansia e stress (vedi tutto il lavoro che riguarda interfacciarsi con chi stampa i dischi per far rispettare specifiche e tempi, coordinare i partners…) a causa della sovrapposizione dei ruoli, dall’altra essere responsabile insieme agli altri dell’attività live del gruppo riduce la quantità di incognite che ogni uscita si porta dietro. Può essere molto faticoso, ma quando funziona è anche molto gratificante.
Vi state già muovendo in sede live per presentare il disco? Che tipo di approccio utilizzate dal vivo: preferite attenervi alla versione in studio dei brani o preferite un approccio più libero/fluido?
Gregorio: Sì, stiamo per iniziare una serie di concerti in giro per l’Italia. Sicuramente cerchiamo di eseguire i brani nel modo più fedele possibile a come sono sul disco, nonostante la nostra formazione variabile che a volte ci costringe a suonare con una chitarra anziché due, ma cerchiamo di farlo il meno possibile.
A proposito di live, quali sono quelle realtà/band con cui vi trovate più a vostro agio? Chi le anime affini oggi in giro per l’Italia?
Gregorio: Inferno, Lili Refrain, Juggernaut, Marnero, Grime, OvO…
Grazie mille di tutto, ti lascio lo spazio per concludere come meglio preferisci.
Gregorio: Grazie per le belle domande!
Questa foto dei Si Non Sedes Is è di una nostra vecchia conoscenza: Valeria Pierini.