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SHINING, 26/11/2013

Shining

Bologna, Freakout.

Sono stati mossi dei passi verso un miglioramento del Freakout, sede di una programmazione infinita e notevole, una valanga di gruppi che, mentre viaggiano in Europa, si garantiscono una data anche qui. Musica un po’ per tutti i gusti, da Baby Dee ai G.B.H., da Dylan Carlson ai Demented Are Go. Spesso purtroppo in passato l’acustica non ha reso giustizia alle band, ma ora il mixer è posto dietro una teca di vetro, frontale al palco, e le pareti cominciano a essere insonorizzate. Una differenza inizia a sentirsi. La gente arriva per le dieci e mezza. Non sono troppe le coppiette, tipiche, che si terranno per mano sotto il palco, in cerca di sentimenti “profondi” o checchessia. Le opzioni sono due: o gli Shining son passati di moda o hanno convinto una buona parte dei loro ascoltatori a mettere in pratica ciò che cantano.

I primi compagni di tour a presentarsi sono i Crest Of Darkness; una black metal band senza infamia e senza lode, che a tratti intervalla un suono più grezzo con parti melodiche e death metal.

Discorso simile si potrebbe fare per gli Sterbhaus, più orientati verso un black thrash che non lascia spazio a nessuna scappatoia melodica, al contrario rimarca binari molto più violenti, sulla scia degli Impiety. Questa volta il facepainting c’è, ma un’attitudine troppo positiva permea il loro concerto, che quindi non riesce mai a spingerci davvero nell’inquietudine della guerra…

Speravo ci fosse più da dire sugli Shining, ormai divenuti leggenda DSBM, ma mi accorgo che non è la loro serata non appena Kvarforth aggancia il microfono. Un gruppo del genere sprigiona molta della sua espressività dalla voce: se questa manca, si apre un’enorme lacuna. Peggio ancora se per riempirla si utilizzano i due chitarristi che, nel creare atmosfere pinkfloydiane e assoli alla Santana, rendono ridicolo l’ascolto. La presenza scenica non aiuta, Kvarforth sembra una ballerina del teatro di Giava, ringrazio solo che abbiano evitato di tagliarsi o presentarsi strafatti sul palco come facevano i Lifelover. Apprezzabile forse il fatto che la band sia in grado di suonare i pezzi: la tecnica raggiunta ormai è affinata, ma la si usa per le cose sbagliate. Il bassista, a quanto pare, pecca qualche nota e fa infuriare Kvarforth, che, rendendosi conto della brutta figura, si scusa: “Abbiamo avuto un sacco di problemi, la settimana scorsa ho perso la voce. È difficile creare uno show degno di questo nome quando si suona con un bassista del genere e un cantante del genere”. Non credo ci sia nessuno che sia stato soddisfatto della serata. Fuori c’è chi si strappa la loro toppa dallo smanicato.