SHARDS OF HUMANITY, Fractured Frequencies
Gli Shards Of Humanity sono un trio proveniente dal Tennessee a cui Unspeakable Axe, sempre prodiga di attenzioni per i gruppi nuovi, ha dato la possibilità di esordire con disco a durata piena dopo l’ep di due anni fa. La presentazione non è delle migliori, la copertina è decisamente scaccia-ascoltatori, sembra uno di quei dischi anni Novanta con le prime copertine “digitali”, quelle fra l’infantile e l’agghiacciante (qualcuno si ricorda quel “capolavoro” di Theli dei Therion?). Gli Shards Of Humanity, insomma, a meno che non sia in atto un revival anche di quello stile grafico (non mi stupisco più di nulla, ormai), hanno messo in mano l’artwork a qualcuno che ha fatto un corso di Photoshop al massimo con Topo Gigio.
Superato il primo shock, le cose migliorano moltissimo a livello musicale. I nostri hanno, evidentemente, molto a cuore il death/thrash d’inizio anni Novanta, quel sottogenere in cui l’alta velocità e la perizia tecnica la facevano da padrone: in Europa avevamo Agressor, Massacra e Dragon, in America invece Sadus, e ci butterei pure Atheist e Ripping Corpse. Per ragioni geografiche l’influenza statunitense è più marcata e direi che proprio i Sadus sono il punto di riferimento principale. Come diceva Machiavelli: puntare al sole per superare la siepe, e infatti i Sadus sono abbastanza lontani, gli Shards Of Humanity sanno suonare ma non sono dei mostri ai livelli dei maestri. Nemmeno, del resto, hanno l’impatto esplosivo della controparte europea. Hanno degli ottimi momenti, soprattutto quando la velocità sale, ma a volte i pezzi si siedono un po’. È un (sotto)genere che amo particolarmente, quindi non riesco ad infierire troppo, non posso dire che non mi sia piaciuto, ma ci vuole qualcosa di più a livello di scrittura dei pezzi. Voto: superiamo la siepe… ma anche la montagna, suvvia.