SHAPEDNOISE + LORD SPIKEHEART + R.Y.F., 26/10/2024
Ravenna, Teatro Rasi. Ultima serata di Transmissions. Foto di Andrea Fiumana.
Ho letto che il Circolo DEV di Bologna chiude all’inizio di dicembre prossimo. Una scelta che è una presa di posizione contro la trasformazione del centro storico in quelle che chiamano “mangiatoie per turisti”, c’è scritto su Zero. Avete presente quando il centro storico di una città si svuota e diventa un unico, grande ristorante, anche se ogni tot metri cambia l’insegna? Io ho in mente anche un altro posto così, probabilmente anche voi avete il vostro.
Sabato sono stato a Ravenna, al Teatro Rasi, struttura davvero polivalente non troppo lontana dalla stazione dei treni, non troppo senza parcheggi intorno, non in una ZTL, ma a un passo da essa. Avete presente un posto simile? Non ce ne sono tanti, ma io ne conosco almeno uno o due nella mia regione, probabilmente anche voi avete il vostro.
Il Teatro Rasi è bellissimo, funzionale e tutto si sente da Dio (no pun intended). È nato da dentro l’ex Chiesa di Santa Chiara, come un’opera d’arte realizzata sui resti di un’altra opera d’arte (rimangono la facciata e l’abside, lo si vede dietro al palco) e come altri casi simili in Inghilterra o in Spagna. Alla fin fine succede a tante Chiese sopravvissute per secoli, dentro o intorno alle quali si costruisce nello stile del proprio tempo, rendendole una specie di timeline del cambiamento. Non so a questo proposito come avrebbero reagito le clarisse del Tredicesimo Secolo al concerto di R.Y.F. (Francesca Morello) che ha aperto l’ultima serata della sedicesima edizione di Transmissions, il festival-boutique di Ravenna, a questo giro curato da Moor Mother, con la quale R.Y.F. ha collaborato in un pezzo. Durante lo show, che induce un po’ dei presenti ad alzarsi per muoversi, Francesca cita l’anarchica Emma Goldmann: “Se non posso ballare, allora non è la mia rivoluzione” (la frase si sente anche in “V For Vendetta”, ma l’ho visto troppi anni fa per ricordarmi in che momento). Dato che abbiamo sempre parlato in profondità dei suoi dischi, credo che l’unica cosa ovvia che mancasse, fosse proprio questa frase che spiega in una riga tutta la sua musica e tutta la sua politica/poetica.
Ad aver collaborato con Moor Mother è anche Nino Pedone-Shapednoise, un altro musicista per cui le clarisse decisamente non sarebbero state pronte, come quelli del ballo della scuola del 1955 quando sentono Marty McFly eseguire “Johnny B. Goode”: effetto Guantanamo per loro, mi sa, dato che Nino mette a dura prova l’impianto incredibile del teatro. Sui social di The New Noise è nata una diatriba su quale parte del lavoro di Shapednoise sia importante oggi: dalla “Cosa” carpenteriana che è il live di stasera escono riconoscibili alcuni volti (e alcune voci, compresa quella di “Madre” per “Poetry”) dei pezzi dell’ultimo album, Absurd Matter, ma è pur vero che la seconda parte, anche se la decostruzione regna sovrana, corre molto più dritta del previsto e finisce per ricordare i suoi inizi più techno. Un ottimo show, anche se avrei voluto i visuals. Lui, a mio avviso, è ormai imperdibile e in Italia lo abbiamo visto solo grazie a Transmissions.
Chiude l’evento Lord Spikeheart, il keniota Martin Kanja che prova a unire metal estremo, elettronica estrema e direi anche parti più vicine da dub/dancehall. Quelli più à la page lo ricordano anche nei sempre metallici Duma, sulla Nyege Nyege Tapes di Kampala. Sono sicuro di una cosa: la musica dal vivo non ha necessariamente bisogno di esseri viventi a eseguirla senza trucco e senza inganno, altrimenti non avrei mai messo piede – ad esempio – in una serata come questa. Tra l’altro Martin, oltre ad essere autore dei pezzi, che di sicuro hanno “la botta”, è anche un grande frontman, come dimostra il fatto che nessuno toglie lo sguardo da lui per tutto il tempo, mentre occupa ogni spazio libero del teatro, sopra e sotto al palco. Peccato che se gente molto simile a te come Igorrr o Perturbator (ma potremmo risalire fino a Trent Reznor) va in tour più o meno con una band, allora, caro Kanja, ti deve venire il dubbio che schiacciare play sul tuo laptop e cantarci sopra non sempre ti basterà. Scritto con tutto l’amore del mondo.
Ho fatto bene a scendere a Ravenna, a toccare con mano un festival che da anni in qualche modo sostengo con The New Noise, pubblicando interviste agli artisti invitati dal curatore di turno? Io ho visto una super struttura, super raggiungibile, super usabile (no fila per bere, no fila per bagno, sì spazio per il merch, sì spazio per fumare, etc), ho trovato un pubblico giovane e aperto, un clima rilassato (e uno staff rilassato) senza gli isterismi degli eventi più grossi. E poi nel mio mondo ideale i dj nei locali sono sempre gli OvO, ma questa è un’altra storia: meglio ricordare che questo sabato Transmissions ha proposto anche un solo di Aquiles Navarro al Molino Novatelli e la mostra collettiva “Dusts” nel ridotto del Teatro Rasi.
Considerato che i cervelli per portare Moor Mother (e Nkisi, guardando ai giorni precedenti) c’erano anche in Friuli nel 2019 (leggere qui), mi chiedo se non sarebbe ora di fare anche noi come in Emilia Romagna, dando in modo sistematico soldi e “teatri” alla musica che accade ora. Se no finisce che possiamo solo sederci e ordinare questa cazzo di pizza.