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SHABAKA HUTCHINGS, Perceive Its Beauty, Acknowledge Its Grace

Il percorso musicale di Shabaka Hutchings, che in questo caso si presenta per la prima volta solo col nome di battesimo, è in un continuo, tumultuoso divenire.
Chi lo segue da tempo lo ha visto accendere il fuoco sacro e politico dei Sons Of Kemet, esplorare la psichedelia con gli A Comet Is Coming, rallentare cercandosi nel futuro, come un nuovo Sun Ra, nei suoi episodi solisti.

L’approdo a questo disco è una discesa spirituale nel respiro, figlia dell’abbandono del suo scintillante tenore in cambio dello shakuhachi, un flauto giapponese di bambù che necessita di uno studio molto approfondito e di molta consapevolezza per dare un senso alla pentatonica minore sulla quale è intonato, che restringe il campo creativo e rende la bellezza una questione di spostamenti, anche minimi, dei polpastrelli. Non per niente c’è una pratica zen legata a questo strumento, e per un musicista come Shabaka, abituato a lunghe sessioni di studio e a pensare la musica come un allenamento continuo, l’avvicinamento allo shakuhachi è diventato subito una questione spirituale, di addomesticamento. Perceive its beauty, acknowledge its grace è la storia di questo primo tratto di domesticazione (Hutchings stesso ha dichiarato che, fra qualche anno, quando sarà veramente esperto si trasferirà in Giappone per continuare i suoi studi) e della transizione dal sax al flauto, dal metallo al legno, verso un suono liquido e ancestrale. Le lunghe improvvisazioni sembrano creature, roba organica che respira, in ognuna risalta un aspetto diverso di una visione frammentata della sua nuova vita spirituale. Come un’Alice Coltrane senza guru, Shabaka crea la sua personale religione e la utilizza per interpretare un mondo che vede ormai in frantumi, cosparso dei resti tossici del capitalismo. Per tornare a sé stessi, agli altri, alla guarigione di ogni ferita bisogna reimparare rituali dimenticati, ritrovare la spiritualità, intesa anche come ripetizione di tecniche antiche (in questo caso musicali). Ci vogliono sacrificio personale e cura.

In termini più strettamente musicali il disco risulta incredibilmente coeso, merito anche della registrazione fatta tutta in presa diretta, senza cuffie, per permettere ai musicisti un’esperienza di vera e propria immersione nella stanza. L’improvvisazione è stata concepita come un unicum il più libero possibile, guidato solo da alcune note di ispirazione e contesto, ed è poi stata lavorata da Shabaka a posteriori. Il risultato è un materiale denso ma etereo, che cambia forma a seconda degli ospiti e delle intenzioni del brano, ma anche degli strumenti utilizzati. Interessante “As The Planets And Stars Collapse”, dove la presenza in primo piano dello shakuhachi, su un tappeto di arpe e archi, ci permette di percepirne la presenza nei respiri, nella difficoltà di emissione, nelle note che sfuggono ma trovano sempre un atterraggio morbido. Lo shakuhachi torna poi nella partecipatissima “I’ll Do Whatever You Want”, uno dei centri poetici del disco, in cui i numerosi ospiti, fra i quali Floating Points, Esperanza Spalding e André 3000, si offrono a una sorta di rituale collettivo, pulsante prima e poi più materico, grazie all’inserimento delle voci di Laraaji. Interessante il ritorno del sax in “Breathing”, che si innesta e dialoga con i pattern ritmici del mridangam e con il flauto e clarinetto, stabili nel ribadire un loop già contaminato dalle atmosfere del pezzo successivo, “Kiss Me Before I Forget”, in collaborazione con Lianne La Havas.

Perceive Its Beauty, Acknowledge Its Grace è un disco in cui le fortunate partecipazioni di ospiti importanti si sciolgono comunque nella coerenza dell’insieme, concorrendo a garantire un fluire continuo della musica, anche nelle metamorfosi più legate agli stili personali. Bisogna ascoltarlo dall’inizio alla fine per capirlo davvero: l’ordine dei pezzi è veramente importante perché non può esserci “Breathing” se prima non c’è stata “Living”, e il poema finale di “Song Of The Motherland”, scritto dal padre di Shabaka (che ha appena ristampato il suo primo album, proprio sull’etichetta del figlio) non ha alcun senso se non letto e ascoltato dopo tutto il resto, dopo tutti i tentativi di avvicinarsi a quel dio della natura, della perfezione stilistica, della calma durante la tempesta, delle ferite ricucite dai sacrifici, continuamente evocato, immanente in tutte le tracce precedenti.

Tracklist

01. End Of Innocence
02. As The Planets And The Stars Collapse
03. Insecurities
04. Managing My Breath, What Fear Had Become
05. The Wounded Need To Be Replenished
06. Body To Inhabit
07. I’ll Do Whatever You Want
08. Living
09. Breathing
10. Kiss Me Before I Forget
11. Song Of The Motherland