SEPTICFLESH, Codex Omega

Pensare agli odierni Septicflesh come ai Septic Flesh autori di album epici e ricercati (il loro apice compositivo Ophidian Wheels, per esempio) sarebbe un grave errore. Dopo il loro ritorno, avvenuto nel 2003, e la conseguente piccola modifica nel nome, di quelle gesta, appunto, è rimasto davvero poco, il che non significa necessariamente che i lavori della “seconda fase” siano stati mediocri o meno validi. Si tratta di entità diverse, nuova carne musicale e nuovo spirito emotivo. Dei nuovi Septicflesh, formati in ogni caso dagli stessi musicisti delle origini, ricordiamo le continue evoluzioni in campo sinfonico, accompagnate da un certo death metal quasi cinematografico. Questo Codex Omega conferma la nostra visione: dieci tracce di movimentazioni orchestrali arrangiate egregiamente, che fluttuano orgiastiche insieme a sfuriate death metal molto cariche di pathos. La band non si è risparmiata e ha reclutato una miriade di ospiti, tra i quali l’orchestra filarmonica di Praga, un coro femminile e musicisti classici (che si cimentano con strumenti della tradizione greca). Il risultato è davvero eccelso. Gli ellenici sono riusciti a creare l’album al quale hanno sempre aspirato e al quale in precedenza si erano forse solo avvicinati. Le canzoni hanno tantissime sfumature e colori (sempre scuri) e la produzione cristallina e ben bilanciata di Jens Borgen (già al lavoro sul capolavoro Extinct dei Moonspell) rende tutto il sistema sonoro un caleidoscopio di emozioni acustiche quasi diaboliche. Buio, epos, maestosità ed eccentricità pervasa da una tradizione culturale che solo le band del Sud Europa posseggono, sono caratteristiche che evidenziano la bellezza di Codex Omega. “Enemy” è un inno dove canti operistici si fondono egregiamente con la profondità sepolcrale di un certo death doom di matrice anglosassone, mentre “Dark art” è una summa gotica dove arrangiamenti d’archi, blast beat, voci profondissime si mescolano in un maelstrom sonoro malsano per poi esplodere in un ritornello di melodie che ricordano connotazioni quasi prog, il tutto per comunicare stati d’animo contrastanti.

Come detto, Codex Omega è forse l’album migliore del nuovo corso della band, con gli arrangiamenti a fare da arma in più. Un viaggio che regala all’ascoltatore sempre nuove mete e dissolve i fantasmi del passato.