Semibreve, festival di musica elettronica e arte digitale, 27-30/10/2022
Braga (Portogallo), vari luoghi.
Braga ci accoglie con il suono delle campane della più antica Sé (Cattedrale) del Portogallo: è una vera e propria sinfonia gotica quella intonata dai suoi campanili e questo è il prologo per la XII edizione di Semibreve, Festival di arti e musica elettronica, da queste pagine presentato già a settembre. La città è straordinariamente bella, elegante nei tratti medievali ed accogliente come lo sono anche i luoghi del festival stesso: dal novecentesco e restaurato Teatro Circo alle sale dell’edificio GNRATION, vero e proprio motore della creatività cittadina con numerosi studi ed atelier destinati alla ricerca tecnologica in chiave artistica ma che poi la notte si trasforma in un mega club multisala (andare all’articolo di settembre per una più dettagliata descrizione).
Il Festival, che dura 4 giorni (da qui il nome Semibreve, che in portoghese sta in gergo per “abbastanza-di-corsa”), ha anche l’inestimabile pregio di consentire spostamenti rapidi e comodi a piedi, così che in pochi minuti si raggiungono i siti dei concerti e delle mostre. Braga, terza città del Portogallo, ha un centro storico tutto pedonalizzato e in pianura, aspetti entrambi tanto amabili e quanto rari per le città portoghesi. L’inaugurazione del Festival ha però luogo in cima alla collina che domina la città, sede del sito Unesco Monastero del Bom Jesus: protagoniste sono la francese Felicia Atkinson, sugli scudi ormai da molti anni in ambito avant-garde europeo, e la giovane, talentuosa flautista portoghese Violeta Azevedo. Un set intimo, fragile, abbastanza magico, rituale laico nel cuore del cattolicesimo lusitano, mentre fuori dalla chiesa del Monastero infuria la bufera. L’interplay fra il pianoforte di Atkinson ed i flauti di Azevedo si rivela con ampie manipolazioni elettroniche da parte di entrambe. Il concerto termina e, sulla geometrica lunga scalinata che scende verso la città, ancora la melodia delle campane saluta il pubblico certamente miracolato dalla fine della tempesta.
Il giorno seguente nella libreria “Pagina” incontriamo la Atkinson – con figlioletto al seguito – estremamente felice e soddisfatta per il concerto della sera precedente. La libreria (discoteca, giardino, coffee-shop) più bella di Braga, il Pagina Book Store, è uno dei luoghi fondamentali per le attività culturali cittadine.
La sera al Theatro Circo, edificato nel 1915 e riaperto restaurato nel 2006, suonano nell’auditorium principale (900 posti sempre sold-out) Joseph Kamaru, in arte KMRU, da Nairobi via Berlino, che presenta l’ultimo lavoro Imperceptible Perceptible. Mentre sul palco si proiettano i suoi video più astratti in b&n, una serie di spot arancioni lo ingabbiano in un cono di luce fluo per un’ora abbandonante di musica ipnotica, quella a cui ci ha ormai abituati: sintetica, digitale, eterea ma quanto basta inquietante per non rilassarsi troppo sulle comode poltrone di velluto rosso. Cambio di palco e dall’oscurità appaiono quattro grandi amplificatori, un paio di chitarre elettriche, due laptop e s’avverte un forte profumo d’incenso: così si presenta il set del franco-svizzero François J. Bonnet, conosciuto con l’alias Kassel Jaeger, e Stephen O’Malley (Seattle, USA, residente a Parigi), l’uomo che non sorride mai (almeno io non l’ho mai visto farlo) per un concerto che potrebbe essere un wall-of-sound e che invece rivela l’anima – quasi – gentile del fondatore di Sunn O))). Una intro magmatica si risolve nel crescente dialogo sonico fra le due chitarre “diavoletto” in feedback che rimbalza nell’emiciclo del Theatro Circo con estrema chiarezza acustica, un massimalismo moderato (!), veicolato probabilmente dalla scuola elettroacustica di Pierre Schaeffer, di cui Bonnet è esponente contemporaneo e che ha dato la cifra sonora live di questo bel progetto a due, per inciso un plauso va ai tecnici dello staff audio del festival. Breve break per trasferirsi nel nuovo auditorium sotterraneo total black da 200 posti per il concerto in solo del “padrone di casa” David Marahna, fondatore dei mitici Osso Exótico (1989 – presente), un set in solitudine con il suo harmonium elettronico per un’ora di pura materia sonica, trattata e reiterata: roba che purifica e lucida la mente questa, lui pare una sorta di novello Tony Conrad o Phill Niblock, “Sister Ray” è lì seduta in prima fila!
A questo punto è notte fonda e ci si trasferisce nell’edificio del GNRATION, dove è già sul palco l’ungherese Gábor Lázár con un live techno a cassa sghemba ripetitivo fino alla noia. Qualcuno lo paragona a Mark Fell e a me non sembra, scappo per rientrare 30 min dopo all’arrivo di un bel pezzo da novanta della scena footwork chicagoana, Jana Rush, artista dalla storia personale lunga e complicata, tornata in pista grazie alla label Planet Mu con MPC7635 nel 2016 e mai più fermatasi. Stanotte presenta il nuovo Dark Humor ed onore al merito per i suoi veloci ritmi spezzati e sorprendenti… una meraviglia dopo Lázár. In chiusura il dj portoghese Bleid, qui molto apprezzato.
Il pomeriggio seguente, nell’avveniristica Capela Imaculada del Seminario Menor, si svolge il live dello svedese Malcom Pardon (già con Roll The Dice): un minimalismo derivativo à la Wim Mertens, evidentemente adattissimo alla struttura con il pubblico raccolto tutto intorno al pianoforte, ma che oggi, musicalmente, lascia il tempo che trova.
Al Theatro Circo si rientra la sera per il bel set di Maxwell Sterling (violoncello, elettronica e voce registrata di Leslie Winer) e Stephen McLaughlin (visuals) che presentano l’album Turn Of Phases, poi ecco Alva Noto/Carsten Nicolai, una sicurezza, che – beh! – fa alva-noto fino in fondo, concedendo a gran richiesta ed unico un bis tiratissimo assai kraftwerkiano. A seguire il concerto nell’auditorium piccolo di due veri outsider: i newyorkesi Lea Bertucci (sax e laptop) & Ben Vida (laptop e cornetta, ex Town&Country, Bird Show) con il loro ultimo progetto Murmurations sulla manipolazione delle voci. Il loro è un concerto straniante, ironico e geniale.
Ritornando al GNRATION per la notte dedicata all’etichetta discografica di Lisbona Principe, con Dj Marfox, Dj Kolt e Xexa scatta l’epifania, vera ragione per cui si frequentano poi festival in questo ambito elettronico: se fino a questo momento abbiamo assistito a concerti più o meno interessanti, belli, hype o meno che fossero, ma tutti in qualche modo pronosticabili, con Xexa, che introduce la nottata, non è così. Giovanissima artista, musicista di origine angolana cresciuta a Lisbona, ci apre una porta verso lo sconosciuto o almeno l’imprevedibile, dunque ecco che nella medesima sala dove la sera precedente la musica era costruita esclusivamente per far ballare, arriva letteralmente in punta di piedi questa ragazza timida e forte, nome reale n.p. (Xexa sta per Vanessa, pare) di 23 anni (nata nel 1999 a Lisbona da famiglia proveniente da Sao Tome), con un set elettronico minimale, una tastiera, due microfoni e la sua voce sicura che racconta di temi importanti e gravi, uno fra tutti la violenza domestica che affligge la società portoghese, con dei loop vocali ampi e distante un synth incantatorio. Lei si muove con grazia ma quando prende il microfono e canta si pone avanti, vicino alla platea, lasciandosi le poche macchine alle spalle, ed il pubblico che in realtà si aspettava l’ennesimo set dancefloor poco a poco comprende, si mette comodo ad “ascoltare” la sua musica visionaria, stratificata e le sue parole molto specifiche. Un concerto troppo breve, meno di mezz’ora, ma che lascia il segno per originalità, intensità e talento. Da seguire su Instagram e su Bandcamp. Dato che ora Xexa vive a Londra, potrebbe anche trasformarsi nella Next Big Thing Afrofuturista, ha tutti gli skill!
Il giorno dopo si torna nel mondo conosciuto con tre concerti belli, bellissimi: il primo di Jan Jelinek nella Sala Medievale dell’Università di Braga. A seguire al Theatro Circo gran finale con Burnt Friedman, accompagnato dai membri dell’Ensemble GP Drumming: in due parole Kassel incontra l’Avana, Cuba ed è una gioia per orecchie, mani, piedi. Poi ancora Caterina Barbieri (da Bologna via Milano sulla via del ritorno a Berlino), elegantissima divisa cyborg, in gran forma con i pezzi del suo ultimo album Spirit Exit, omaggio psichedelico tanto a Mr. Don Buchla quanto a Mr. Robert Moog. Sullo sfondo, telo argenteo dove vengono proiettati i visuals aerei in sequenza che personalmente a tratti mi ricordano le immagini conclusive di Blade Runner. Il pezzo finale “Life At Altitude” manda in visibilio il pubblico di appassionati giunto da tutta Europa, fra loro anche il “grande” e super simpatico Robin Rimbaud/Scanner (suonò al SemiBreve e2019), qui per scrivere un reportage sul Festival che leggeremo su Wire di dicembre…
Obrigado Semibreve até a pròxima vez 2023.