SEEFEEL, Everything Squared
C’è tutto un mondo che per post-rock intende i saliscendi influentissimi e stracopiati dei Mogwai, ma sono esistiti anche i Seefeel, che sono partiti dalle chitarre per polverizzarsi e diventare altro, un qualcosa spesso incorporeo e irreale, e oggi sono una band (?) che non sarebbe così semplice da distinguere da un progetto basato solo sul laptop. Come si sa, Mark Clifford (chitarra, elettronica) e Sarah Peacock (voce, chitarra) sono le figure principali dietro al nome Seefeel. Come si sa, sono molto parchi quando si tratta di pubblicare nuovi dischi: un peccato, visto che l’omonimo uscito nel 2011, dopo 14 anni di silenzio, era eccellente e aveva una densità insolita, dovuta all’innesto di Kazuhisa Iida (ex-Boredoms) e Shigeru Ishihara (DJ Scotch Egg) a batteria e basso. Nel caso di Everything Squared, invece, penso di poter scrivere che questi siano i Seefeel come li potrebbe ricordare uno che li aveva assaggiati negli anni Novanta, magari col dub che toglie tutto il palcoscenico alla techno, ma sempre in qualche modo impalpabili, luminosi, la versione più diafana e aerea possibile dello shoegaze, una specie di lato chiaro dell’isolazionismo (Kevin Martin li aveva inclusi nella storica compilation Ambient 4: Isolationism). Basta un brano incredibile come il primo, “Sky Hooks”, non a caso subito messo in circolazione, a togliere ogni dubbio su Everyhting Squared: una pulsazione profonda e lenta come quest’anno la possiamo sentire da Michael Fiedler/Ghost Dubs, le parti elettroniche e le chitarre trasfigurate come dietro ci fosse Tim Hecker, i vocalizzi di Peacock che è troppo facile collegare all’eterna Elizabeth Fraser o ad Alison Shaw dei Cranes. Tutto il resto dell’album ha una grande coerenza estetica, ma nessun pezzo somiglia all’altro, pur seguendo lo stesso schema: bassi e percussioni scavano più a fondo che possono, il resto dell’arsenale, sempre molto processato, tende al cielo.
In un’epoca come la nostra, in cui molti di noi conducono vite sempre più remotizzate, non dev’essere più così difficile riconoscersi nella musica dei Seefeel, che una volta era una mezza fantasia e adesso sembra rappresentarci.
Nota a margine, perché non mi andava di appesantire il pezzo. Quando Simon Reynolds comincia a utilizzare il termine “post-rock” è il 1994 e su Wire compare un articolo, “Shaking the rock narcotic”, in cui leggo: post-rock significa utilizzare la strumentazione rock per scopi non-rock, usando le chitarre come facilitatrici di timbri e texture piuttosto che di riff. Sempre più spesso i gruppi post-rock integrano la tradizionale formazione chitarra/basso/batteria con la tecnologia informatica: il campionatore, il sequencer e il MIDI (Musical Instrument Digital Interface). Mentre alcuni gruppi post-rock (Pram, Stereolab) preferiscono la tecnologia lo-fi o superata, altri si stanno evolvendo verso il cyber rock, diventando virtuali. I protagonisti? Pram, Insides, Moonshake, Ice, Disco Inferno, Bark Psychosis, Papa Sprain, Main, Circled e… Seefeel.