SCREAM, NMC17 (No More Censorship)
Flashback (1987). Mi ero da poco trasferito ad Ancona, mio fratello Jacopo era rimasto a Roma e si stava godendo parecchi concerti imperdibili, compreso quello degli Scream al Forte Prenestino. Inutile negarlo, ero molto invidioso, perché quello era uno dei nomi culto a casa Giorgi da un po’ di tempo a quella parte. In fissa totale com’eravamo per le uscite targate Dischord e per la scena di Washington DC, la formazione dei fratelli Stahl, accompagnati dall’incredibile bassista Skeeter Thompson e dal batterista Kent Stacks, era stata capace di impressionare la nostra immaginazione e di rappresentare al meglio quel suono eclettico nato dall’incontro/scontro tra vari linguaggi all’interno di un melting pot perfetto per fornire la colonna sonora alla nostra voglia di novità. Ricordo ancora come, al ritorno, mi aveva raccontato al telefono del nuovo batterista, entrato da poco a sostituire il defezionario Stacks: tal Dave Grohl, quella volta ancora solo un pischello di buone speranze. Rosicai molto per l’occasione perduta, ma ai tempi la voglia di frequentare un’università meno caotica de La Sapienza e di ricongiungermi con gli amici di Ancona aveva avuto il sopravvento sulle occasioni che offriva la grande città.
Oggi (2018). Sono passati trenta anni ma gli Scream restano uno dei punti fermi della mia discografia, in ogni salsa e con atteggiamento opposto di chi “sì ma solo i primi dischi”. A me di loro piace tutto – qualcosa più, qualcosa meno – e non riesco a storcere il naso di fronte a quel No More Chensorship che da molti all’epoca fu bollato come uno dei dischi sbagliati della scena hardcore, categoria in cui sono finiti alcuni dei miei album preferiti e molti di quelli che col senno di poi sono stati riabilitati a gran voce almeno dal pubblico più open minded. Il primo lavoro della band con Grohl alla batteria, pubblicato nel 1988 su RAS Records, viene oggi ristampato dalla Southern Lord grazie alla fotografa Naomi Petersen, la quale, oltre a immortalare alcuni momenti iconici della band, ha custodito il master originale delle registrazioni per tutti questi anni. Restaurati e portati a nuova vita dallo stesso Grohl nei suoi 606 Studio, i brani seguono una scaletta differente rispetto all’originale, che vede anche l’aggiunta di un paio di titoli e l’esclusione (inspiegabile?) della conclusiva “In The Beginning”. A dire il vero, la ristampa era già stata presentata come esclusiva per lo scorso Record Store Day: oggi viene riproposta con tanto di artwork differente, foto, testi, commenti e poesie per fornire il quadro completo di un album che all’epoca fu probabilmente penalizzato dai pregiudizi di una parte del pubblico hardcore a causa di certe aperture rock e di un suono meno urgente rispetto alle uscite precedenti. In realtà, gli Scream non hanno mai fatto mistero di essere propensi alla contaminazione e ad allargare i loro orizzonti sonori, attitudine del resto condivisa da molte altre band della scena Dischord, dunque quelle critiche, una volta contestualizzate, oggi sembrano non tener conto del reale valore di un lavoro tutt’altro che fiacco. Riascoltato adesso, infatti, No More Chensorship appare come un ben riuscito esempio di contaminazione tra urgenza hc e solido riffing hard-rock, strizzate d’occhio alla black music nel groove della sezione ritmica e con una buona dose di melodie accattivanti ma non stucchevoli, oltre a contenere alcuni brani assolutamente godibili e a fuoco. Oltretutto, mantiene inalterata la sua valenza ideologica, cioè il rifiuto dell’oscurantismo reaganiano che al tempo aveva visto tra l’altro la band impegnata in prima persona per sostenere le spese legali di Jello Biafra a seguito della denuncia per l’utilizzo di un’opera di H.R. Giger all’interno del disco Frankenchrist.
In breve, visti il ritrovamento dei master originali, il trentennale e l’occasione di riproporre al grande pubblico il primo disco degli Scream con (l’oggi stra-famoso) Dave Grohl, questa ristampa cade anche a fagiolo anche per via della presidenza Trump e della sua riproposizione di tutti gli stereotipi della peggior mentalità bigotta/reazionaria a stelle e strisce. Per chi scrive, uno di quegli album che meritano di essere rivalutati e riscoperti.