SCHNELLERTOLLERMEIER + ROJIN SHARAFI, 25/3/2025
Losanna, Jumeaux Jazz Club. Foto di Piercarlo Poggio.
Nati dalla volontà di agguantare il pubblico più curioso, aperto a nuove esperienze e allergico alle rigide divisioni di genere, i concerti ospitati sotto l’insegna Fracanaüm (sottotitolo “stagione di creazioni sonore”) sono nati a partire dal 2019 per impulso del collettivo sperimentale We Spoke, domiciliato a metà fra Losanna e Londra. Il terzo appuntamento del 2025 non si poteva mancare, perché gli svizzero-tedeschi Schnellertollermeier sono un trio avant di ormai provata esperienza. Un unicum anche, perché occupano uno spazio poco o nulla frequentato, tra ricerca intransigente, obliqui sguardi al passato e rock comunicativo, purtroppo non ancora premiato a sufficienza dagli ascolti. A certificarlo è la loro discografia, apparsa niente meno che, tranne il debutto Zorn Einen Ehmer Üttert Stem!!, su Cuneiform e all’interno della quale spiccano la perla Rights (2017) e la solidità compositiva nonché il perfezionismo esecutivo del sinora ultimo 5 (2020). E proprio da qui sono stati estratti i tre brani utili a dare vita all’intero set, “Before And After”, “Velvet Sun” e “209 Aphelion”, ampliati e anche di molto per giungere all’oretta assai scarsa prevista dal contratto sindacale. Ecco, considerato quanto stavano suonando bene, questa del ridotto minutaggio della performance è stata, non crediamo per colpa loro, l’unica nota un po’ stonata. Per il resto Manuel Troller (chitarra), Andi Schnellmann (basso) e David Meier (batteria) hanno ribadito a chiare lettere che non sono per nulla un power trio tutto muscoli e poco cervello come ne circolano troppi. La sintonia tra i componenti, ricercata sin dall’inizio dell’avventura, ha raggiunto ormai punte così elevate da cancellare ogni spazio per le sortite individualistiche, inutile orpello di fronte alla solida “casa comune” edificata dalla band. A sorprendere è come riescano a essere incisivi e fuori schema pur muovendosi dalla normalità rappresentata da chitarra-basso-batteria. Dalla loro hanno una costruzione del suono che avviene passo a passo, a partire da una figurazione ritmica iterata e insieme progressivamente alterata, cesellata con cura e inventiva, che trova infine un culmine senza dover cadere in un’obbligata e caotica catarsi. In tutto ciò il minimalismo storico è ben presente, ma filtrato attraverso una varietà di influenze, dall’elettronica al kraut e al math rock. Il repertorio è stato talmente ben interiorizzato dai protagonisti che è venuta l’ora di cambiare: nel post-concerto David Meier (nome di riferimento della scena svizzera anche in contesti di improvvisazione radicale) ci rivela che Schnellertollermeier sta per cambiare pelle e nuovi brani sono in fase di messa a punto in previsione di un prossimo album, del tutto diverso dai precedenti. Non sarà uno scoop, ma la curiosità per questa imminente svolta non manca.
Finale di serata con Rojin Sharafi – iraniana con base a Vienna, dove ha compiuto studi di sound engineering e composizione –, autrice di una concentrata performance elettroacustica, ardua, polifonica e poco interessata a blandire gli spettatori. Trincerata dietro al bancone di prammatica e ai suoi macchinari, si è lanciata in molte direzioni, forse sulla spinta del momento più che in base a ragionamenti pregressi. Sciabolate e squarci di ambient corrucciata e astratta, sovente in bilico tra noise e parvenze di spunti ritmici, hanno nobilitato il set, condito pure da qualche passo di danza accompagnato da vocalizzi. La fase in cui ha suonato e filtrato il suo santur, strumento cardine della tradizione iraniana, è parsa assai simbolica di come gli artisti espatriati abbiano la forte necessità, benché del tutto immersi nel complicato presente digitale, di mantenere legami con le proprie radici.