Scene degli antipodi: intervista ai King Parrot
Ci sono certe scene underground che, nonostante le distanze (quasi) annullate dal web, sono ancora relativamente poco note e quindi, per noi, ricche di realtà da scoprire.
Il bello di internet è che si ascolta di tutto da ovunque. Si può essere a Milano e diventare fanatici del metal estremo della Nuova Zelanda o del doom giapponese, o del desert rock della Patagonia profonda. Certo, alla fine viene voglia di vedere queste band dal vivo. Però alla fine qua in Europa, presa d’assalto preferenzialmente da band americane oltre che locali, si viene poco a contatto “fisico” con altre band underground molto più distanti, per cui la mobilità è seriamente limitata (stavolta sì) dalle distanze e, tanto per cominciare, dal costo del viaggio trans-continentale/trans-emisfero. È, ad esempio, il caso di scene come quella sudamericana, fertilissima, oppure di quelle australiane e neozelandesi. Per fortuna ogni tanto le cose vanno bene e le band underground più distanti riescono ad arrivare da noi. E, certo, grazie anche al tam tam via internet e al supporto internazionale.
Qui voglio cominciare a esplorare alcune realtà del Nuovissimo Continente, ed in particolare dell’Australia. Nonostante la parentela col mondo anglosassone, la musica pesante in quella porzione di Occidente isolato nell’Estremo Oriente sembra avere una sua connotazione particolare. Abbiamo a volte un’idea degli australiani come di gente che sta bene e che, tutto sommato, si gode la vita con un atteggiamento tra il ruvido e “l’easy-going”, anche se abitano in uno dei luoghi più inospitali del mondo e hanno avuto una storia abbastanza tormentata. La popolazione australiana è relativamente piccola, ma viene prodotta tanta musica, e in particolare, pesante.
Però anche nella scena pesante underground australiana sembrano spesso convivere queste due facce, queste due voci: musica aspra, che “picchia duro” anche quando fa semplicemente rock, ma con un fondo di ironia e spensieratezza, musica con una faccia cattiva o rozza e scanzonata allo stesso tempo.
Una delle band che incarnano abbastanza bene questa ambivalenza sono i King Parrot, gruppo di Melbourne relativamente giovane (hanno iniziato nel 2010), ma che coinvolge e ha coinvolto gente che sguazza da un bel po’ nell’underground pesante australe: Blood Duster, Cemetery Urn, Damaged, la scena thrash-groove metal ed hardcore-punk, e poi Sadistik Exekution, Destroyer 666…
Stiamo parlando di una band che suona un misto esplosivo di thrash metal e grindcore, ma che, per nome, ha scelto quello di un grazioso pappagallino indigeno! La formazione attuale vede Matt Young/Youngy alla voce, Ari White e Squiz (Andrew Livingstone-Squires) alle chitarre e Slatts Slattz (Wayne Slattery) al basso. Alla batteria fino al 2012 c’era Rizzo (dei Blood Duster), poi sostituito – prima nei live e poi anche in studio per il nuovo disco – da Matt “Skitz” Sanders (Sadistik Exekution, Destroyer 666 e molte altre band). È lo stesso Skitz che collabora con Stephen O’Malley e Oren Ambarchi in Gravetemple e milita nel progetto sperimentale australiano Burial Chamber Orchestra.
I King Parrot hanno sin da subito conquistato pubblico, con il loro ep di debutto del 2011 adornato da un grasso pappagallo e un po’ di ossa d’ordinanza e un titolo emblematico: The Stench Of Hardcore Pub Trash. Presto è arrivata l’uscita dell’album Bite Your Head Off nel 2012, un’etichetta di peso notevole come la Candlelight Records, oltre che premi e riconoscimenti in patria e altrove, interviste ed articoli sul web e, recentemente, anche su Terrorizer. E tanti, tantissimi concerti e festival in Australia e in Asia, accompagnati dall’entusiasmo travolgente sia del pubblico sia degli organizzatori!
Vista la frenesia dell’attività live dei King Parrot non è stato facile agganciare Matt Young o Youngy, cordiale e gentile cantante del gruppo ed interprete, insieme ai suoi compari, di quello spirito australe mattacchione e dissacrante.
Del resto, basta dare un’occhiata alle foto della band, ai titoli di alcuni brani e ai video ufficiali, come quello girato per il brano “Shit On The Liver” nell’album Bite Your Head Off e quello, recentissimo, con la versione live di “Bozo”, per capire che con questi ci si diverte…
Ciao Matt, eccoci! Grazie per aver trovato un po’ di tempo per l’intervista! Allora, voi ragazzi avete iniziato questa band, King Parrot, non molto tempo fa, e state avendo un successo travolgente. Non mi stupisce la cosa, visto che siete ben lontani dall’essere dei novellini nella scena pesante australiana. Inoltre voi tutti venite da background musicali un po’ diversi. Perciò ecco che arriva la prima “solita” domanda: come è iniziata quest’avventura e come mai avete scelto un nome così strambo per la vostra band? Un pappagallino colorato… Sembra quasi uno scherzo! Ma da voi c’è da aspettarsi scherzi…
Matt Young: Ciao Marilena! Inizialmente la band era formata da Ari alla chitarra e Rizzo alla batteria, e loro mi chiesero di cantare. Abbiamo avuto un po’ di cambiamenti nella formazione fino a quella attuale. Siamo tutti appassionati di musica pesante e quindi volevamo creare un suono nuovo e cattivo ma che rendesse anche omaggio agli stili “old school” che amiamo. Per quanto riguarda il nome della band, beh, non è così strano qui in Australia, ma certo non è un nome tipico per una band estrema. Il fatto è che nello slang australiano “parrot” significa “fastidioso”, e quindi il King Parrot è il boss delle persone fastidiose!
Ah, ecco, ora torna tutto… King Parrot è una specie di super-gruppo per l’Australia (e non solo), sia per quanto riguarda i membri stabili della formazione sia per quelli presenti nelle sessioni live. Cioè, Blood Duster, Cemetery Urn, Cockfight Shootout, Dreadnaught… e poi, con il vostro amico batterista Matt Skitz si aggiungono anche Sadistik Exekution, Destroyer 666, Gravetemple, e così via. Quindi sentite un po’ la “responsabilità” di quello che rappresenta la vostra band, oppure siete solamente ed allegramente irresponsabili, pazzerelloni e fieri di esserlo?
Eh, siamo consci di questo retaggio, certo, ma è il passato. Tutti noi membri della band siamo orgogliosi di quello che abbiamo fatto, ma allo stesso tempo con questo nuovo gruppo guardiamo avanti. Sembra che le cose stiano andando davvero bene, considerando che siamo in giro solo da pochi anni. E non credo che effettivamente sentiamo alcun senso di responsabilità. Una delle cose che ci piace fare è organizzare spettacoli live brutali ma divertenti, e quindi fare i matti è parte del gioco… fino ad un certo punto.
Voi ragazzi avete costruito la vostra esperienza partendo da diversi generi laggiù nei “southern suburbs”. Hai voglia di riassumere un po’ il vostro background musicale e, poi, per quanto ti riguarda, quali sono i tuoi interessi nella musica e i tuoi riferimenti per il tuo modo di cantare e l’interpretazione?
Personalmente sono stato un metallaro sin da quando ero ragazzino. Il primo concerto che ho visto è stato quello dei Poison, quando avevo 8 anni. Sono cresciuto con AC/DC e Black Sabbath sullo stereo ed ho iniziato a suonare la chitarra quando avevo più o meno 13 anni. King Parrot è la prima band in cui il mio ruolo è solo quello del cantante. A me piace tutto a partire dal vecchio rock’n’roll fino al black metal più feroce. Perciò mi piace trarre ispirazione da un ampio spettro di roba. Come band King Parrot è senz’altro influenzata dal metal degli anni ‘90 e da molti dei gruppi che emersero in Australia in quegli anni, e che in parte hai nominato anche tu prima. Innegabilmente c’è anche un elemento punk rock, che si esprime nello stile del canto.
Lo stile dei King Parrot è una specie di ibrido tra thrash metal, grindcore e hardcore punk, veramente veloce e furioso com’è giusto che sia! Ma a differenza di altre band che suonano un genere simile altrove, voi ragazzi avete anche aggiunto groove e quel senso dell’umorismo che sembra essere una caratteristica di molti gruppi australiani. È una cosa che si percepiva anche nei Blood Duster: brutalità e humour. Anche voi siete delle bestie ma sembra che vi divertiate un sacco…
Sì, siamo bestie selvagge (ride, ndr) e penso che sia molto divertente stare in questa band. Non ci sono uniformi o regole su come presentarsi, ognuno è libero di fare quello che vuole. E penso che in questo modo affiorino veramente le personalità dei diversi membri della band. Ad esempio al nostro bassista Slatts piace esercitarsi a fare le sue esibizioni di stand-up comedy nel bel mezzo dei concerti, mentre il nostro chitarrista Are sembra uno che vuole ucciderlo la maggior parte delle volte! È una bella combinazione e penso che una delle cose che funzionano per noi è quell’elemento del “va tutto bene” che permea i nostri show.
Il senso dell’umorismo è anche ciò che sta dietro il video molto divertente di “Shit On The Liver”. Cioè, c’è molta parodia, il tuo compagno di band che parla come il Padrino, il trucco da black metal, senza dimenticare poi che è dal disco “Blaze In The Northern Suburbs”… di darkthroniana memoria… Non ci sono stati metallari “ortodossi” che si sono arrabbiati con voi? Beh, a guardare quel video anche alcuni rapper potrebbero sentirsi poco a loro agio…
Non so, non abbiamo sentito nulla, perciò immagino che non l’abbiano trovato troppo offensivo. Alla fine cerchiamo solo di fare le nostre cose e, davvero, non ci preoccupiamo dei generi o roba simile. Se le persone non riescono a rispettarti per la tua originalità, beh, allora si tratta di idioti. Noi adoriamo il black metal così come siamo appassionati di tutta l’altra musica da cui siamo influenzati, perciò sparar fuori musica generica non è mai stato nella nostra agenda. Ma dobbiamo parecchio a quel video, davvero, ci ha aiutato a rafforzare la nostra fama e a farci diventare una delle band di punta australiane attualmente. Le persone della Blackbox Films con cui lavoriamo per i nostri video sono veramente brillanti e creative e capiscono lo spirito della nostra band meglio di chiunque altro. Ciò vale in particolare per il produttore Dan Farmer, che ha dato un grande contributo anche dal punto di vista creativo.
Come mai, secondo te, state avendo così tanto successo? Sei autorizzato ad esagerare… Un amico dall’Australia ha visto uno dei vostri show: esplosivo! Cosa pensi che sia ciò che trascina la gente ai vostri spettacoli e che cattura l’attenzione? Abilità tecnica? Interpretazione? E da quali concerti o festival avete avuto le più belle soddisfazioni?
Non direi che abbiamo poi così “tanto successo”… forse il modo più giusto è dire che abbiamo “un po’ di successo”. Il live è dove veramente eccelliamo e dove cerchiamo di inscenare uno spettacolo il più grezzo ed intimidente possibile ma, allo stesso tempo, abbastanza rilassato. Una cosa che noto è che ai nostri concerti la gente spesso sorride mentre suoniamo. È magari un po’ strano per una band che fa musica estrema, ma significa che la gente si diverte, e questa è una cosa bella.
Una curiosità: quanta preparazione fisica è necessaria per sostenere dei concerti movimentati come quelli che fanno le band che suonano come voi?
Mi piace fare un riscaldamento per almeno 30 minuti o un’ora prima dello show, giusto per sciogliermi un po’ e preparare la voce. Ho anche cercato di allenarmi andando parecchio a correre. Recentemente mi sono ferito, e quindi per un po’ ho interrotto con la corsa, ma stiamo per avere un mese d’intervallo dai concerti e quindi voglio approfittarne per rimettermi in sesto e tornare allenato.
La questione dei concerti mi fa venire in mente di chiederti anche qualcosa riguardo ai fan e al tipo di supporto che avete in Australia. Quanto è difficile, o facile, essere una band underground in Australia? Voi laggiù avete problemi come le distanze enormi da coprire nel vostro Paese prima ancora che per organizzare tour all’estero. È uno dei problemi più grossi anche per i musicisti underground in America (sia al nord che al sud) e perfino in Europa, anche se le distanze sono ben minori (soprattutto per il costo del carburante).
Sì, può essere un problema. All’inizio abbiamo dovuto investire parecchio del nostro denaro nella band per coprire i costi degli spostamenti e per affermarci. La scena in Australia è abbastanza piccola e le distanze tra i siti dove si suona enormi, perciò dobbiamo volare frequentemente. Ma non importa, ci fa piacere farlo, perciò alla fine non è un grosso problema. Senz’altro ci piacerebbe avere l’opportunità di andare in tour negli USA o in Europa, dove le distanze tra i concerti non sono così estreme.
E cosa mi dici dei fan australiani? Com’è il supporto da parte dei media? È possibile in Australia essere in una band underground e riuscire a vivere della propria musica? O è un’utopia come altrove? E come vedete le opportunità di esportare la vostra musica ed i vostri spettacoli nella vicina Asia? Qui lungo le due sponde dell’Oceano Atlantico tendiamo ad essere euro/USA-centrici, ma le scene metal asiatiche stanno crescendo alla grande… E che mi dici riguardo ad una tournée qui all’Ovest? Mi sembra di aver letto qualche anticipazione su internet…
Qui in Australia il supporto è stato eccezionale. Poiché abbiamo un approccio diverso alla musica estrema, penso che abbiamo attirato fan sia dalle aree punk e rock sia dal metal, perciò abbiamo avuto una copertura mediatica veramente buona. Il nostro video è stato insignito di un premio a un festival nazionale (St Kilda Film Festival) e il nostro album Bite Your Head Off è stato appena eletto miglior album “heavy” da uno dei principali giornali di Melbourne. Però purtroppo non riusciamo ancora a sopravvivere con la nostra musica! Tutti noi facciamo un lavoro per sostenerci economicamente. La band, comunque, sta crescendo continuamente, e allora vedremo come andranno le cose. Recentemente abbiamo firmato un contratto con la Candlelight Records, che sta distribuendo il nostro disco in tutto il mondo. Siamo molto contenti di esser stati coinvolti da questa grande etichetta. Inoltre abbiamo appena firmato un accordo con un booking agent veramente grosso a Londra, perciò pazientemente stiamo vedendo come va e aspettando qualche opportunità.
Come dicevi, e come si può leggere in giro, il vostro album di debutto Bite Your Head Off ha avuto parecchio successo. State già lavorando su un nuovo disco? E ci si sente diversi o strani ad essere con una etichetta grossa come la Candlelight Records rispetto alla militanza in band underground indipendenti?
Sì, abbiamo appena iniziato a scrivere il nuovo album, e adesso che abbiamo Matt Skitz come nuovo batterista, questo nuovo lavoro sta diventando veramente cattivo e brutale, proprio come piace a noi! Avere il supporto della Candlelight Records è qualcosa che ci riempie di orgoglio e per una band giovane come la nostra è una piattaforma veramente buona per essere lanciata su scala mondiale. Quando arriveranno opportunità per altri tour saremo pronti e carichi per dare il meglio possibile.
Matt, grazie davvero per aver trovato il tempo per l’intervista. In bocca al lupo! E speriamo di vedere King Parrot a devastare i palchi in Europa!
Nessun problema, Marilena, e grazie ancora per il tuo supporto!