SCARCITY, The Promise Of Rain

Dopo solamente due anni ci ritroviamo di fronte al secondogenito della creatura di Brendon Randall-Myers (capoccia del Glenn Branca Ensemble), che nel frattempo ha trasformato gli Scarcity in un effettivo quintetto: infatti oltre a Doug Moore (Pyrrhon, Weeping Sores, Glorious Depravity) troviamo Tristan Kasten-Krause (Sigur Rós, Steve Reich, basso), Dylan Dilella (Pyrrhon, chitarra) e Lev Weinstein (Krallice, batteria). A un primo impatto il risultato risente fortemente dell’ampliamento del gruppo, che si è chiuso in studio di registrazione forzandosi a completare le tracce in massimo uno/due tentativi, cercando di traslare la fisicità e l’urgenza atavica della loro performance sui nastri dello studio.

Ci sono riusciti? Snì. Sì, perché nei momenti più brillanti si gode parecchio nel lasciarsi andare dietro alle sfuriate avant-garde del gruppo statunitense. No, perché è altrettanto facile impalarsi su dissonanze cacofoniche (“In The Basin Of Alkaline Grief” su tutte) o momenti piatti e poco espressivi che nonostante la loro irruenza non riescono veramente a lasciare il segno. I frangenti di maggiore brillantezza risultano quelli conditi da groove più lenti e contorti, dove le peculiarità della band riescono a tessere una tela sonora più efficace. “Subduction” caracolla minacciosa assumendo le forme di una versione schizoide degli ISIS, con la successiva “Undertow” che rincara la dose appoggiandosi sugli accordi della traccia precedente e finendo di trapanarci le meningi. Ma è “Venom & Cadmium” a brillare maggiormente, funzionando alla perfezione con riff ispirati e pattern di batteria caratteristici che impreziosiscono un finale di disco che funziona meglio della prima parte. La mente brillante di un singolo artista è diventata un effort collettivo di dieci mani che a volte non hanno deciso di non accavallarsi, risultando forse troppo derivativi in molti passaggi dove si poteva osare di più. Dopo qualche ascolto The Promise Of Rain assume le sembianze del più classico dei dischi di transizione, una scossa di assestamento per un progetto che si pone degli obiettivi altissimi e che non disdegna sentieri estremi per raggiungerli. La creatura di Randall-Myers, proprio come un albero nel deserto, si sta riadattando al panorama circostante, pregando per uno scroscio di pioggia e mantenendosi ben ancorata con le sue radici al suolo del metal estremo contemporaneo.