SAVAGE MASTER, Those Who Hunt At Night
In giro dal 2013, quando il chitarrista Adam Neal e la cantante Stacey Savage decisero di dar vita alla band, i Savage Master da Louisville giungono oggi al quarto album (lungo il percorso troviamo anche due ep), forti di un seguito conquistato soprattutto grazie ad un’attività live frenetica e al successo del precedente Myth, Magic And Steel del 2019, sempre su Shadow Kingdom.
La band propone un “retro-metal” a cavallo tra speed e power vecchia scuola americana, che nel nuovo lavoro assume spesso un certo gusto epic. Si impone grazie a una registrazione più potente e corposa, oltre che decisamente meno scarna rispetto al passato, a rendere maggiore giustizia all’energia che sa trasmettere dal vivo. Fossimo stati nella prima metà degli anni Ottanta, avremmo parlato di un nome da tenere d’occhio, di uno di quelli in grado di portare nuova linfa al proprio genere senza sconfinare nel thrash o in generale perdere una propria linea di continuità con la N.W.O.B.H.M. Oggi, invece, dobbiamo parlare ovviamente di approccio conservatore con cui portare avanti una sorta di restaurazione dei canoni del metal più ortodosso, il che non comporta per forza un giudizio negativo, visto che nei nostri ascolti non manca di certo una sana dose di quello che i Barbarian definiscono regressive-metal.
Rispetto ai dischi precedenti, si avverte come i Savage Master abbiano lavorato sulla scrittura per reggere sul piatto al netto delle esibizioni live (che l’effetto pandemia abbia scatenato qualcosa?), fatto sta che i pezzi ci sono e non faticano a entrare in testa, così come non manca un tocco attuale con cui far risaltare gli aspetti più efficaci del linguaggio, lasciando indietro ciò che al contrario ormai risulterebbe superato e poco appetibile. Ciò che non è cambiato è l’impatto della voce di Stacey Savage, che guida le danze con decisione e con la grinta necessaria per donare al tutto un tono anthemico in perfetta sintonia col sound proposto, calda e con un briciolo di sporcizia per evitare l’effetto squillante che fa subito pensare a cotonature fuori tempo massimo. Al contrario, a tratti la cantante assume una impostazione quasi doom, così da donare un’aura oscura al tutto senza però mai abbassare troppo il ritmo, dato che proprio le accelerazioni producono i brani più riusciti del lotto: “Eyes Behind The Stars”, “The Hangman’s Tree” e “Vaster Empires”. A tirar le somme, Those Who Hunt At Night colpisce nel segno e mostra al pubblico una band che ha saputo far tesoro dell’interesse raccolto, affinando la proposta e salendo un altro gradino verso il trono del metallo vecchia scuola.
Sarà difficile che i Savage Master possano uscire dal recinto di genere per affezionati di jeans and leather, ma chi sa apprezzare il menù e si diletta a correre dietro a citazioni e rimandi ricaverà tante soddisfazioni da questo disco.