SAMUEL ROHRER, Range Of Regularity
Uno degli errori commessi qui nel 2015 è stato quello di non parlare degli Ambiq, trio composto da Claudio Puntin (clarinetto, di base), Max Loderbauer (synth, di base) e dal batterista svizzero trapiantato a Berlino, il quarantenne Samuel Rohrer: impro, ambient, jazz per creare un suono unico. Rohrer, che è anche il proprietario dell’etichetta arjunamusic, quest’anno si trasforma in batterista espanso, suona percussioni varie, cimbali, grancassa, synth e oggetti, prende le parti migliori delle sue performance libere, le rielabora ex post e dà vita a un disco poliritmico, che è quasi-dance, ma in ultimo imbroglia chi ascolta con qualche mossa a sorpresa. L’andamento del musicista, escluse alcune parti atmosferiche per le quali pare avere grande talento, somiglia a quello dell’attaccante nel calcio o nel basket: va dritto verso la porta o il canestro, qualcuno prova a marcarlo e a quel punto iniziano le finte, il doppio passo, il cambio sotto le gambe… e così via, anche se contemporaneamente la sua corsa prosegue verso l’obiettivo. Certo, il fatto che già esistano dei remix a opera di Villalobos e Burnt Friedman dice che Range Of Regularity può essere deviato verso qualcosa di ballabile, ma l’altro fatto, cioè che tutti i giornalisti tirino dentro al discorso Jaki Liebezeit, rivela come Rohrer stia cercando una sua commistione di linguaggi. Lussureggiante.