SAMMARTANO, Low Pitched Italy
L’etichetta è Black Moss di Andrea Penso/Selaxon Lutberg: il catalogo ospita lavori scientemente primitivi come Regression – Between Worlds di Nate Young (Wolf Eyes) e primitivisti come Fiume Nero di Donato Epiro e Pozzo D’Antullo di Slowmantra, inoltre rivela una curiosità per le colonne sonore e la psichedelia (il controverso Beausoleil e Umberto, il figlio illegittimo dei Goblin); è presente anche un altro interesse di Andrea, rintracciabile nelle sue precedenti etichette, cioè l’industrial originario (Maurizio Bianchi, ad esempio). Questa volta tocca a Gaspare Sammartano, con Epiro nei Cannibal Movie, altro progetto (lui batteria, organo l’altro) psichedelico, tribale e in qualche modo legato a un’immaginaria epoca pre (o post) tecnologica per molti versi spaventosa, ma anche fondatore dell’etichetta Lemming Records, con la quale cerca di far emergere tutto un sottobosco italiano, nuovamente legato a parole come psichedelia, rumore e sperimentazioni “storte”. La città è Taranto, che come quella dove vivo io (Trieste), si affaccia sul mare, è in crisi e ha un legame difficilissimo con l’industria siderurgica (che da un lato dà lavoro, ma dall’altro ammazza). A questo si aggiunge la tragica vicenda dei profughi e dei migranti (Trieste è confine per antonomasia e quindi oggi vede arrivare chi fugge dalle guerre a Est, Taranto è da tempo sui giornali per la questione sbarchi).
Se buttiamo nel pentolone radioattivo tutti questi elementi, forse la recensione viene fuori già da sola (per mordere): Low Pitched Italy è espressione di scenari inquinati, poveri e deformi, che ci restituisce attraverso una specie di sottoprodotto “ribassato” dell’industrial e del noise (quello al ralenti e deteriore del Nate Young solista o di Altar Of Flies), estremamente rozzo e minimale, squagliato e poi fuso con pulsazioni e vibrazioni che a qualcuno faranno venire in mente il dub (e allora Scorn) e a qualcun altro l’hip hop. Sole cocente, ragazzini senza un cazzo in tasca che girano privi di scopo il quartiere come solo da ragazzini si fa, con l’asfalto che sembra quasi magma. Il posto è periferico e poco rassicurante, subito dietro a una discarica (o a un’ILVA o a una “Ferriera”). C’è uno di quei casermoni di cemento che in Italia a volte non si riescono a finire perché la ditta è fallita. Da dentro qualcuno (ma chi ci andrebbe mai a stare?) ascolta una qualche cassetta in uno stereo scassato e la musica si confonde con la tv a tutto volume del vecchio rincoglionito del palazzo di fronte. Oggi quegli adolescenti, di nascosto, hanno fumato quasi un pacchetto di sigarette intero e la testa fa malissimo. L’estate sembra non finire mai, come la loro nausea. Questo è il disco di Sammartano, una foto che non avrete voglia di guardare spesso, ma che non butterete via.
Lo vedrei bene in tour coi Lietterschpich.