SALUTI DA SATURNO, Mirco Mariani

Mirco Mariani

Mirco Mariani si è procurato un posticino accogliente in quel di Saturno e da lì ci invia musica molto, molto personale. Quattro chiacchiere con lui, cogliendo l’occasione dell’uscita del nuovo disco, Dancing Polonia.

Dancing Polonia esce a “solo” un anno di distanza da Valdazze. Era previsto o si è trattato di urgenza creativa?

Mirco Mariani: Quando scrivo, in realtà non faccio programmazione di questo tipo. Pensa che dopo Valdazze avevo un altro disco praticamente pronto, ma, alla fine, quel particolare momento della mia esistenza ha prodotto Dancing Polonia e, dopo che l’abbiamo registrato, abbiamo valutato non avesse senso riporlo in un cassetto per aspettare “tempi discografici” che in Italia non esistono più. E quindi eccoci qui.

Come nasce il progetto Saluti Da Saturno? E quando ha iniziato a capire che la musica sarebbe stata la via?

Il progetto Saluti Da Saturno nella mia testa, probabilmente, era già in potenza anche in passato. Io l’ho vissuto come l’emozione che si prova nel diventare padre, quando hai capito che hai generato qualcosa di “tuo”: un’entità diversa che dipende in maniera inscindibile da te, dalla tua passione, dal tuo amore. La musica è stata la mia vita. Forse non c’è stato un momento in cui ho deciso questa cosa. Diciamo che nel mio pensiero non c’è mai stata una soluzione di continuità tra un prima ed un dopo.

Cosa senti ora, ripensando a Parlare Con Anna?

Beh, è stata la prima prova, il primo presentarsi, l’aprire la porta ed iniziare a far le scale. Il primo racconto, il primo filmino, il primo disegnarsi, il blocco degli appunti aperto alla vista di tutti. Mi vengono in mente queste sensazioni ripensando a Parlare Con Anna.

Quali idee o spunti o intuizioni ti piacerebbe arrivassero di più dall’ascolto di Dancing Polonia?

Mi sembra di percepire Dancing Polonia come il disco meno facile che abbiamo fatto. Proporrei uno schema per chi si avvicina per la prima volta al disco: Dancing Polonia va ascoltato dall’inizio alla fine, è il frutto di un unico viaggio, con molte istantanee che seguono tutte un unico filo conduttore. Immagino questo lavoro discografico come il vino appena aperto, che ha bisogno di prendere un po’ di ossigeno prima di essere bevuto. Dancing Polonia versatelo in un calice bello grande, quello dei vini corposi. Dategli una bella girata, lasciatelo decantare per qualche minuto e assaporatelo. Dategli del tempo prima di giudicarlo: bene inteso, magari il viaggio non è di vostro gradimento, ma ci sono tante immagini dietro. Mi piace pensare che chi non apprezza questo disco possa recensirlo come spesso si fa con i film: “non ho apprezzato molto questa pellicola anche se trovo abbia una bella fotografia”.

Ci racconti come è nato ed è stato realizzato il disco? Rispetto agli altri infonde, infatti, anche un senso più cinematografico ed immaginifico.

Ecco, appunto, vedo che per te, come detto sopra, almeno ha un’ottima fotografia. I Saluti Da Saturno condividono una passione smisurata per alcune pellicole. In Dancing Polonia si fa addirittura riferimento nel titolo di un brano a una ben precisa, che è Vodka Lemon di Saleem. Come scritto prima, nella nostra musica curiamo particolarmente la fotografia!

Hai parlato di dediche a Secondo Casadei e Ornette Coleman, tanto lontani ma tanto vicini.

L’album è stato proprio dedicato a questi due grandi artisti che sembrano ai più tanto lontani, ma sono effettivamente tanto vicini. Nella creazione del disco hanno avuto entrambi un ruolo fondamentale, mi hanno fatto comprendere ancora di più su cosa si basi la libertà in musica, questa mancanza di schemi che diventa benzina sul fuoco della creatività, questo scattare fotografie senza l’utilizzo di particolari filtri o senza lavori di post-produzione. Siamo proprio finiti in una “modalità fotografica”.

Come sono nati e si sono “svolti” i contributi di Simonini e Arto Lindsay?

Massimo Simonini è un musicista e un organizzatore di eventi che conosco da anni e per cui nutro una profondissima stima. Che si sia sopra un palco, dietro un tavolo a cena, in macchina davanti al casello, con Massimo facciamo delle grandi chiacchiere spesso senza comunicarci verbalmente nulla. Si parla di intese naturali, di frequenze uniche per noi che parliamo di musica. Lui è stato l’organizzatore di questo incontro con Arto, anche lui così distante eppur così vicino che è entrato con il suo modo libero nella frequenza precisa del disco, dandogli anche un contributo di carattere. Arto è stato l’ingrediente segreto, “l’ingrediente coraggioso” che ha reso buonissima, per noi, la torta Dancing Polonia.

E per quanto riguarda tutti gli altri ospiti?

Sai, quando abbiamo iniziato a cucinare ci siamo resi conto che volevamo fare questa torta senza l’ausilio di ricetta. È noioso stare sempre a rispettare delle ricette ferree! Ci siamo resi conto che alcuni ingredienti ci piaceva li mettessero altri (adesso siamo passati dalla modalità fotografica a quella dolciaria, oggi va così!), a loro discrezione su entità e misura: una cucina “free” in cui tutti ci siamo sporcati intorno ad un tavolo di farina per tirar fuori questa torta.

Dove è il Dancing Polonia?

Nella tua testa, nella mia, in nessuna, fuori Valdazze, dentro Cracovia, tra la sabbia dell’Argentiera, sul legno del teatro di Anghiari, al Labotron, sotto i portici di Bologna, nell’erba calpestata dalle mie figlie agli Ensini, nella bocca del mio stomaco quando scrivo di certe cose che fan parte del mio privato.

La tracklist rispetta una sorta di visione tematica del disco?

La tracklist è la mia Lonely Planet all’ascolto del disco, una serie di spunti per raggiungerci al Dancing Polonia, una serie di indizi per una sorta di caccia al tesoro, in cui in palio c’è un viaggio premio al Dancing Polonia, appunto.

Ci racconti della “strategia delle figurine”?

Torniamo per un attimo quindi in modalità fotografica: le figurine.
Abbiamo parlato di viaggio, ecco, ci serviva che il viaggio avesse anche una raccolta di immagini per scandire i momenti topici. Condividendo un certo genere di follia con il nostro staff, abbiamo deciso di realizzare una raccolta di figurine. La sorpresa più bella e gradita è stata quella che la follia la condividiamo anche con il nostro pubblico, che è eccezionale e commovente. La risposta è stata fantastica e ci siamo divertiti così tanto che stiamo ripensando, con l’arrivo dell’inverno, a dedicare alcune serate a qualche gioco di società in perfetto stile Saturno.

Che ne pensi di Spotify e dei servizi di crowdfunding?

Adesso invece ritorniamo in cucina. Nella nostra cucina Saturniana per la pasta usiamo ancora il matterello, preferibilmente, anche se nella cucina sono presenti ancora impastatrici con bellissimi display digitali e una marea di altra attrezzatura. A me piace ancora il forno a legna, anche se alcuni clienti preferiscono il gusto che dà il forno elettrico. Questo per dire che con certi sistemi e certe dinamiche ci devi avere a che fare. Sono, al di là delle diverse considerazioni che si possono fare, componenti del “presente” della musica. Per quanto riguarda il crowdfunding, mi piace ciò che avvicina noi artigiani della musica a chi apprezza i nostri manufatti. Da artigiano vecchio stampo, però, mi sto accorgendo che spesso la facilità con cui si registrano e si mettono sul mercato dischi non sempre è sinonimo di un cambiamento in positivo della qualità media del prodotto musicale.