Sabato 26 ottobre Moor Mother, Nkisi e Jessica Ekomane a Udine
Ve lo abbiamo già scritto in tutti i modi. Pubblichiamo il comunicato stampa di Hybrida con tutte le cose da sapere.
Sabato 26 ottobre – 21:00
Udine
Auditorium Zanon
Viale Leonardo Da Vinci 2 – 33100 Udine (UD)
ingresso serata 10 €
INFO E PRENOTAZIONI:
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Jessica Ekomane è musicista elettronica e sound artist di origine francese, che risiede a Berlino. La sua ricerca musicale si sviluppa attraverso concerti e installazioni: le sue performance sono basate sulla quadrifonia e caratterizzate dal loro effetto fisico sul pubblico attraverso l’interazione di psicoacustica, della percezione delle strutture ritmiche e dell’interscambio tra rumore e melodia.
I suoi paesaggi sonori, sempre mutevoli e coinvolgenti, s’interrogano sulla relazione tra percezione individuale e dinamiche collettive, l’analisi dell’ascolto e le loro radici sociali.
Jessica Ekomane è una delle sei compositrici scelte come collaboratori da Natascha Süder Happelmann per la sua installazione al padiglione tedesco della Biennale di Venezia 2019. Fa parte degli artisti della SHAPE Platform per il 2019, e ha da poco pubblicato su Important Records il suo primo lp, Multivocal. Il suo lavoro è stato presentato in varie istituzioni in tutto il mondo, come il festival CTM (Berlino), Ars Electronica (Linz), Dommune (Tokyo) e Bemis Center for Contemporary Arts (Omaha).
Di origine congolese, la produttrice e dj Melika Ngombe Kolongo, in arte Nkisi, è cresciuta in Belgio, dove ha avuto modo di innamorarsi della musica techno. Dopo il suo trasferimento nel Regno Unito nel 2012 e un’immersione nella club culture di Londra, nel 2014 ha pubblicato 16 per l’etichetta di Amburgo Doomcore Records, in cui gettava le basi del suo suono.
In un’intervista con The Wiredel 2018, chiamata a dare un’opinione sull’etichetta di Amburgo, ha detto: Una cosa che mi piaceva di Doomcore Records ai tempi era che Low Entropy era alla ricerca di artisti con un messaggio… A volte ci sono degli aspetti problematici con la musica hardcore. Sessimo, razzismo. È sempre stato un po’ il mio problema con la gabber, arrivavo ad un punto in cui mi chiedevo: ma va bene che ascolti questa musica? La riflessione di Nkisi riassume lo spirito dei suoi lavori degli ultimi cinque anni, dalla co-fondazione dell’etichetta/collettivo panafricano/della diaspora NON Worldwide con Chino Amobi e Angel-Ho alla pubblicazione dell’ep The Dark Orchestra per Arcola, affiliata dell’etichetta Warp: la sua musica evoca un concentrato di influenze che vanno da gabber techno, doomcore e ritmi africani alle spirali sonore dei film horror italiani degli anni Settanta.
Il 18 gennaio 2019 la UIQ di Lee Gamble ha pubblicato 7 Directions, il suo album di debutto. Descritto dall’etichetta come una raccolta di interpolazioni elettroniche dei poliritmi percussivi congolesi, le sette direzioni del titolo sono un riferimento a una delle fonti d’ispirazione principali del disco, il libro “African Cosmology Of The Bantu-Kongo”: Tying The Spiritual Knot, Principles of Life & Living del ricercatore Kongo Kimbwandende Kia Bunseki Fu-Kiau, in cui si legge: Comunicare significa emettere e ricevere onde e radiazioni… per i Bantu una persona vive e si muove in un oceano di onde/radiazioni… essere sensibili a queste onde significa saper reagire negativamente o positivamente a queste onde/forze. Quando ascoltiamo prima di vedere, la voce e le onde sonore interagiscono tra coscienza e allucinazioni, dichiara l’artista. Permettendo al ritmo di sperimentare diverse condizioni di percezione, interrompendo aspettative predeterminate attraverso la manipolazione del ritmo, creiamo movimenti di energia. Questa energia determina il comportamento collettivo e apre la strada a nuove vie per produrre conoscenza.
Moor Mother è una creazione di Camae Ayewa, artista, attivista, performer proveniente dalla scena underground di Philadelphia.
Co-fondatrice del collettivo multidisciplinare Black Quantum Futurism, fa parte del gruppo Irreversible Entanglements, uno dei più interessanti esempi d’incontro tra free jazz e poesia: il suo lavoro è profondamente influenzato dalla fantascienza distopica, dalle teorie dell’afrofuturismo e dall’immaginario di un America post-cataclismica del futuro prossimo.
Il suo approccio si avvicina spesso all’arte performativa e i suoi spettacoli sono trainati dall’impulso di infrangere fisicamente le barriere tra artista e pubblico, una condizione che nella sua trasposizione musicale si riflette in un ibrido sonoro tra hardcore, rap, industrial, noise e pulsioni afrocentriche, tutti elementi che si compenetrano in un viaggio alienante, che unisce con perfezione la rabbia catartica della poesia punk con le astrazioni spazio-temporali del misticismo sci-fi vicine alla cosmologia di Sun Ra.
Tutto ciò accade in una dimensione in cui l’estremismo è inteso più come sradicamento che come ritorno alle origini, attraverso una continua esplorazione dello spazio in cui il futurismo interagisce con l’attivismo e l’estetica do it yourself. Fetish Bones, lp uscito nel 2016 su Don Giovanni Records, è un vivido manifesto che ripercorre la storia della comunità afroamericana, dallo schiavismo federale alla segregazione fino ad arrivare ai nostri giorni. Tra fragori post-industriali, noise, afrobeat destrutturato e hardcore rap, Moor Mother cerca di infrangere il silenzio sulle degradanti condizioni delle carceri e dei ghetti delle città americane. Non mi sto forzando a scrivere, spiega brevemente Camae Ayewa.“Quando inizio ad esibirmi, mi arrabbio man mano che le canzoni che scelgo continuano. Ho lavorato per rendere i miei sensi abbastanza reattivi da attingere a questa energia dove posso davvero mettermi nei panni della gente e scrivere canzoni oneste. Fa una pausa. Non mi piace chiamarle canzoni — è un po’ come un incantesimo. Sto scrivendo questi incantesimi e li canto come se fossi posseduta e non so cosa stia succedendo.