ROTTEN SOUND, Apocalypse
Colmando il vuoto nel cuore di ogni cultore del genere estremo dopo la dipartita di Mieszko Talarczyk e la fine dei Nasum, i finnici Rotten Sound, grazie a una proposta sonora insalubre e coerente, sono riusciti nell’arco di trent’anni a conquistare il circuito deathgrind mondiale: dalla loro hanno produzione poderosa, sicurezza sul piano compositivo e anche su quello live, dove vincono a mani basse con le vecchie glorie come con le nuove.
A distanza di sette anni dall’ultimo lavoro – Abuse To Suffer – lo scorso 31 marzo sono tornati più infuriati e pungenti che mai con un nuovo lavoro, sempre per Season Of Mist. Apocalypse è un assalto alla società moderna portato avanti con 18 brani per una ventina di minuti nel corso dei quali la band – tra ganci incisivi, riffing monolitico e blastbeat a pioggia – ti dilania e ti stende al tappeto. I Rotten Sound compongono di modo che i pezzi trasudino rabbia e violenza, sferrano colpi bassi all’addome in salsa d-beat trascinati da una sezione ritmica ingorda (“Suburban Bliss”), disseminando l’album con cambi di ritmo carnali e brutali. L’opener “Pacify” in soli 42 secondi dice subito di che morte moriremo: assieme a “Fight Back” – una raffica di riffi pachidermici, blast tecnico, raglio ipnotico e gelido – racchiude tutto il flusso impetuoso che scorre sotto al disco.
Crudo, violento, massiccio, Apocalypse contiene ciò che qualsiasi appassionato di sonorità estreme si aspetta di trovare in un album grindcore: velocità, impatto furibondo, scrittura affilata e colate di riff e blast da tumulazione.