ROSETTA, Terra Sola
I learned to take advantage of your generosity, Still you granted more, more than I ever deserved.
Un pallido sole sorge dietro il profilo di un muro, dando luogo ad un profondo contrasto di luce ed ombra. Questo è l’artwork di Terra Sola, nuovo ep degli instancabili Rosetta, che negli ultimi tempi sembrano volersi focalizzare più sulle sorti del nostro pianeta (o meglio, della nostra umanità troppo spesso priva di giudizio) più che su astratte esplorazioni spaziali.
Questa release, così come il recente Some Of Wind, si colloca sulla scia dell’ultimo long-playing Utopioid del 2017, dimostrando che il gruppo vuole evitare tempi morti e mantenere alta l’attenzione, magari in previsione di prossime uscite più robuste. Prosegue inoltre la filosofia dell’autoproduzione iniziata con The Anaesthete, così come l’apprezzabile modalità di download digitale a offerta libera, ulteriore prova dell’importanza data al mantenimento di un rapporto stretto col proprio pubblico.
Tre tracce che ci offrono tre diverse interpretazioni del post-metal/rock della formazione di Filadelfia: la title-track spazia dagli inconfondibili crescendo marchio di fabbrica della band agli sconquassi sonori creati dai riff carichi di tensione e dalle grida disperate di Michael Armine, mentre le vibranti atmosfere dilatate che dominano “57844” (i cui richiami alla “54543” di Utopioid sono evidenti non solo nel titolo) ci avvolgono in un rassicurante abbraccio. La chicca è rappresentata dalla strumentale “Where Is Hope?”, sviluppata sull’ arpeggio della chitarra acustica, che, tra cascate di riverberi ed eco distanti, ci culla fino alla chiusura dell’album.
Al di là della varietà di stili, questi tre brani trovano il loro comun denominatore nel mood introspettivo e, per quanto prevalgano soffuse soluzioni melodiche rispetto alle esplosioni di dinamica a cui i Rosetta ci hanno abituato, l’intero disco si caratterizza per un generale senso di malinconia, amplificato dai ritmi blandi e dalle strutture minimali. Terra Sola parla di solitudine: sì, perché questo pianeta, per quanto ne sappiamo, è il solo luogo conosciuto adatto ad ospitare la vita, un luogo che non stiamo trattando bene e dove sempre più spesso ci troveremo a chiedere: dov’è la speranza?