ROPE SECT, The Great Flood
Recupero il disco dei Rope Sect, uscito ad agosto, perché il gruppo è da tempo una bomba, nonostante questo sia solo il primo full length e anche se dal vivo ho notato che ci sono ampi margini per migliorare la performance. Ospite alla voce in due momenti di The Great Flood è Mat McNerney (Dødheimsgard, Hexvessel, Beastmilk, Grave Pleasures, Deathtrip…), non per caso: i Rope Sect sono molto simili ai Grave Pleasures e ai Beastmilk, perché recuperano post-punk, death rock e gothic rock, non so esattamente in quale misura e con quali influenze, ma è quel sound lì, con in più una voce à la Death In June. Non inventano nulla, né reinventano troppo (ci sono passaggi insoliti per il genere in cui si capisce che i signori si ascoltano anche un sacco di metal), ma non ha importanza visto il tiro dei primi due pezzi, “Divide Et Impera” e “Rope Of The Just”, darkpunkeggianti come nemmeno Satana. Anche “The Underground Paradise”, più avanti, fa lo stesso lavoro, così come “Issohadores” la mia preferita, forse per l’impercettibile strizzata d’occhio al black metal di certe parti di chitarra. Il rischio, nel 2020, è suonare sempre la stessa canzone, impelagati in un revival sterile: la presenza di McNerney, la bravura nel rallentare senza perdere mordente e una certa creatività di fondo scongiurano la noia. Potrei quasi scrivere “all killer, no filler”, ma non voglio esagerare. Compratelo, però.