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ROPE, Crimson Youth

Una delle cose che mi ha sempre affascinato delle scene locali è il continuo gioco di incastri tra componenti delle varie band e il costante rimischiarsi delle carte in tavola: un ricambio vitale che dona nuova linfa al panorama musicale cittadino. Questo è anche il caso di Torino e dei Rope, formazione nata grazie all’incontro tra gente che già suonava in Tutti I Colori Del Buio e nei Ponches, avvenuto all’incrocio tra SubPop, Dischord e SST. Il suono è, infatti, un hardcore punk rumoroso che miscela al suo interno differenti influenze senza mai lasciare che una di esse prenda il sopravvento sulle altre. Quella dei Rope è una musica instabile e nervosa, sempre pronta a brusche sterzate e ricca di feedback e stridori metallici, eppure al contempo in grado di inglobare un malcelato amore per le melodie, seppure sghembe come quelle che possiamo ritrovare in Hüsker Dü e Fugazi, due nomi che la stessa band non fatica ad indicare nel novero dei propri numi tutelari. Crimson Youth è soprattutto un disco che prende le mosse dal punk e lo tuffa nel noise-rock senza perdere mai di vista la voglia di catturare l’attenzione dell’ascoltatore e, in fondo, divertirlo, perché lungo tutta la sua durata non manca mai un certo piglio scanzonato e irriverente, come il coro misfitsiano alla fine della prima traccia. Dotati della giusta energia e della botta tipica del punk, i brani dei Rope, insomma, sfuggono ai cliché per donare freschezza al tutto, come si avverte chiaramente in “4AM And Still Here”, capace di farsi ricordare subito con la forza di un urlo liberatorio. Del resto l’album, pur senza essere un concept, parla di vita e di esperienze personali, del crescere pur restando giovani dentro e di affrontare i cambiamenti e le nuove situazioni: non poteva per questo essere un lavoro asettico o patinato, ma doveva mantenere tutta l’elettricità e la turbolenza di una mente irrequieta con il suo mettersi in discussione e reiventarsi con il trascorrere del tempo. Per trasmettere questo percorso interiore, le nove tracce corrono a perdifiato e si fermano bruscamente, tornano sui loro passi e si annodano in un continuo ribollire di emozioni e pulsioni, senza lasciare mai all’ascoltatore il tempo di annoiarsi o distrarsi. Il tutto brucia velocemente e si arriva a fine corsa con la voglia di ripetere il giro nel frullatore, la centrifuga o come preferite chiamarla. Come si usa dire: provare per credere.