RONIN, Adagio Furioso
Nicola Ratti non è più della partita (anche se compare in “Far Out”), a far compagnia a Bruno ci sono Cristian Naldi alla chitarra, Matteo Sideri alla batteria e Diego Pasini al basso. Le atmosfere e i riferimenti sonoro/immaginifici non sono molto distanti da Fenice così come dai dischi passati, si tratta sempre di post-rock a sé, di strumentali capaci di trascendere il tempo e il genere stesso, con la sei corde di Dorella (duttile come al solito) a condurre il gioco. Grande apertura con il respiro languido de “La Cinese”, ingentilita dagli archi di Nicola Manzan, tra “Ravenna” (sentori di Calibro 35, con Tommaso Colliva che si dedica alla produzione), la “folkloristica” “Gilgamesh” e “Caligula” (spicca quest’ultima, sorniona e giocata sui contrasti tra ritmica e chitarra). “Far Out” è buona, ma richiama in maniera troppo evidente quanto realizzato con Emma Tricca nel disco precedente: è l’unico brano cantato del disco, stavolta affidato alla bravura di Francesca Amati dei Comaneci (in compagnia del sodale Glauco Salvo e, come si diceva, di Nicola Ratti). “Ex” è la punta elettrica/rock del disco, la title-track si riallaccia alle atmosfera di aperture,”Catfish” ristagna un po’, il blues “post” di “Preacher Man” rende ancora più chiaro come Adagio Furioso sia un passo di lato. Non si tratta di una critica eccessiva: in realtà, rispetto a Fenice, difetta di un immaginario in evoluzione, nonostante confermi le immense qualità del gruppo e del suo storico capobanda.