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ROBERTO FEGA, Echoes From The Planet

ROBERTO FEGA, Echoes From The Planet

Un’apocalisse domestica, sorvegliata, la rivolta che inizia dentro la stanza del compositore, contro  la realizzazione delle profezie di 1984 di Orwell: “Tutto svaniva nella nebbia. Il passato veniva cancellato, la cancellazione dimenticata, e la menzogna diventava verità”.

Bruciamo tutti al fuoco dello schermo nell’epoca (che uno scrittore di cui ero amico ha definito in modo puntuale) dell’autismo corale. Bruciamo tutti in una lenta agonia che poco ha di epico, mentre il mondo fuori è ancora e sempre in fiamme. Suona come una lama questo lavoro del sound artist e polistrumentista Roberto Fega, incastonata nella roccia dell’attualità. Creature fantastiche, voci catturate nella realtà e ricontestualizzate in una selva elettronica rarefatta ed onirica, una raccolta di, appunto, echi dal pianeta Terra, come un audiogiornale o un blob in cui la parte video spetta alla nostra immaginazione. Aprire gli occhi, chiuderli verso dentro, come suggeriva il poeta messicano Octavio Paz: e allora macerie, ipermercati come templi della desolazione americana, la democrazia (?) che avanza come il cemento, sirene, fumogeni, guerra, pubblicità. Come se su un vhs dove sono state registrati talk show, telefilm, news, il tempo avesse imposto il suo inesorabile dominio di ruggine e deriva, lasciando echi, distorsioni, ombre, apparizioni.

Un uso personale e non didascalico delle voci umane, come suoni trovati, e un’architettura mobile eppure solida e coesa delle composizioni, tutte basate esclusivamente sull’uso di campionamenti e digitale, rendono questo ascolto un viaggio. Un volo in quota sulle rovine dell’Anthropocene (ottima la traccia omonima), senza pose hipster da elettronica in alta definizione e senza l’ansia di suonare per forza attuale, riuscendo comunque a esserlo grazie a una ricerca personale e al rovistare nelle discariche per costruire, utilizzando  sibili, rimbrotti, apnee da batterie esauste, fibrillazioni: un lavoro ecologico e politico, dove a farla da padrone sono libertà creativa, economia di mezzi ed una lingua sobria, asciutta, in grado di portarti ad osservare voragini che paiono stranamente accoglienti. E così ci sporgiamo sul bordo di un abisso familiare, rassicurante, di disastri che già sappiamo (perché  intimo e universali insieme), cullati da questi nove dispacci dal fronte, quasi cronache di resistenza al dominio dell’oppressore e dell’ovvio, come se l’ambient, l’elettroacustica, il dub ed il punk trovassero un inaudito punto di contatto proprio qui, in questo disco anarchico, magnetico, ribelle e lirico: un magnifico prototipo di elettronica in opposition, un manuale su come far suonare caldo e vivo il glitch.

Tracklist

01. 8 August 1956 – 18 April 2015
02. Nameless, Without Identity
03. Anthropocene
04. Gender Revolution In Rojava
05. Dispatches From Rojava
06. Rome 24 August 2018
07. Social Disintegration
08. Extinctions
09. Echoes From Chiapas