RISE ABOVE DEAD, Stellar Filth
Sin dal primo impatto, il nuovo lavoro dei Rise Above Dead palesa una netta crescita compositiva, in parte dovuta allo spostamento degli equilibri all’interno della scrittura: il minor peso degli influssi crust favorisce un suono più ragionato e meno di pancia, con la ricchezza e la rifinitura dei dettagli che rendono l’album un grower capace di colpire con efficacia proprio sulla lunga distanza. Di certo il postcore ha una sua rilevanza innegabile, ma non si tratta dell’ennesimo tributo ai soliti grandi nomi di rito, quanto di una rivisitazione personale e completa di un linguaggio che può ancora dare vita a colpi di coda preziosi come Stellar Filth. Sin dall’iniziale “Hide And Weep” ogni suono, volume o cambio assume importanza nel comporre un dedalo di rimandi (vedasi l’inaspettato assolo di chitarra) che mantiene in equilibrio i vari elementi e alta l’attenzione dell’ascoltatore. I Rise Above Dead si pongono un obbiettivo ambizioso e decidono di giocare a carte scoperte senza tentare di occultare confronti ingombranti, vedasi ad esempio “Bury Them In Dust”, dove Neurosis e Fall Of Efrafa sembrano collidere per dar vita ad un affresco di raro impatto emozionale, ma lo fanno con il piglio di chi certi suoni li ha metabolizzati e riesce a risputarli fuori in guisa di organismi autosufficienti e in grado di reggersi sulle loro gambe. Del resto, fedeli al panta rei, qui si osserva scorrere il fiume e se ne fotografano nuove trasformazioni, possibili mutamenti che, pur senza stravolgerne la natura, ne disegnano una rappresentazione quanto mai attuale. Stellar Filth si impone senza ombra di dubbio come un gradito passo in avanti per i suoi autori ma al contempo – e soprattutto – come possibile unione tra emotività e attenzione ai particolari, approccio appassionato e professionalità nel non cedere alle lusinghe dell’underground come scusante per faciloneria e pigrizia. Assolutamente consigliato.