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RICARDO DIAS GOMES & STAR ROVER, This Whole Emptiness

RICARDO DIAS GOMES & STAR ROVER, This Whole Emptiness

Esordio con il botto per la neonata Timballo Records, da Bari con lo sguardo aperto al mondo. Un lavoro uscito sul finire del 2019 che meritava assolutamente di essere recuperato, questo tutto vuoto (titolo perfetto per le strade delle nostre città in questi giorni velati da uno stupore di pellicola catastrofista) vede il tastierista e bassista brasiliano Ricardo Dias Gomes (collaboratore di Caetano Veloso) cospirare trame sghembe e suadenti con Star Rover, ovvero Geremy Gustin alla batteria e Will Graefe alla chitarra, gente che ha frequentato band come gli Okkervil River. Cosa esce da questo incontro tra mondi che parlano lingue apparentemente poco conciliabili? Nove tracce ispirate e varie, capaci di declinare secondo varie modalità una sorta di post-rock imbevuto di saudade Ordem e Progreso: paradigmatico l’incipit di “No Espelho”, con le classiche movenze lievi e catatoniche della batteria (vengono in mente band come i L’Altra) a solcare un mare del quale non si intravede la fine, mosso da onde elettroniche, sul quale naviga una barca che porta una melodia cristallina. Oppure il groove languido di “Chocolate Moon”, di cui vi avevamo proposto il video, una felice ipotesi a metà strada tra talking blues paulista e i Tortoise. Piombiamo dalle parti dei Deerhoof (lo stesso piglio catchy, la stessa anarchia felicemente infantile) con “Happy Birthday”, tornano alla mente certe cose di Mice Parade con A Parada. Lo spettro dei riferimenti possibili è ampio, per una musica felicemente nervosa (“Farmácia”) e caleidoscopica, in bilico tra frenesie ritmiche, placide mosse da metropoli del Sud (“Swallow The Sky”), versioni tropicaliste degli Slint (“Excuse Me”). Una musica che vive di ombre e memorie, che cerca la poesia nella polvere e riesce a dare nuova voce a un suono, il post-rock, che ha detto molto, forse tutto di quanto poteva dirci. La differenza in questo caso la fanno gli arrangiamenti, sempre ben calibrati, e le idee melodiche e ritmiche, mai didascaliche: allora mi sono ricordato (“And Then I Remembered”) di quando questi suoni irruppero nella stanza della mia testa facendo esplodere i pensieri in mille coriandoli d’ansia e tremore; uno dei pezzi migliori dei Massimo Volume, da Stanze, “Alessandro”, ad un certo punto fa così: Ma ci sono pensieri che non riesce a trattenere/ Ci sono pensieri che lo fanno sentire/ Come se andasse a tutta velocità in un tunnel/ In equilibrio sopra un’asse di legno che corre su due rotaie/Lo fanno restare senza fiato/ Allora cerca di ricordare. Ecco, il pregio migliore di questo disco è che ci fa ricordare, senza offrirci soluzioni consolatorie. Non tutto è al posto giusto, ma del resto noi forse lo siamo? La stessa sensazione di resa e di inesorabile struggimento, come guardando dei filmati in super8, che ricordo al primo ascolto di Aerial M, il primo solista di David Pajo nel lontano 1997. Una sorta di Xanax elettrico mescolato con due dita di Cachaça  ed un po’ di benedetta follia brasileira Arto Lindsay ci ha messo lo zampino e Tom Zè – che il Dio della Musica ce lo preservi in eterno –  sicuramente approverebbe). Siamo curiosi di ciò che verrà a seguire, ed auguri di lunga e prospera vita e complimenti a Timballo Records.