REPULSIONE, Desecrating
Negli ultimi cinque anni (almeno) in Europa il powerviolence è diventato più popolare che in passato, anche grazie all’ascesa di diverse nuove formazioni che mischiano questo genere con il grindcore (vedi i The Afternoon Gentlemen). C’è chi però porta avanti questo discorso da molti più anni, anche quando era l’ultima cosa che potesse andare di moda. I Repulsione così hanno fatto e continuano a fare dal 2003: mentre molti si sono limitati riproporre il classico schema alla Spazz (doppie voci, brani corti e molti cambi di tempo in pochi secondi), loro hanno sviluppato un sound molto personale, fatto da due bassi, uno zanzaroso e tagliente in primo piano e un altro molto più corposo in secondo, canzoni “lunghe” (sui due minuti e mezzo), strutturate e con riff molto intricati. Tutto il contrario del classico gruppo hardcore/fast da quattro accordi in croce e logo rubato a Infest e Man Is The Bastard. Desecrating è il loro terzo album, uscito dopo un periodo di silenzio non indifferente (cinque anni dopo il precedente Sunrip) e un cambio di formazione rilevante: l’abbandono della voce Giulio Roadwarrior (Drunkards) e dello storico batterista The President Of Thrash, sostituiti rispettivamente con Mosh e Gioele (di lui abbiamo già parlato come chitarrista di Haemophagus e Gravesite). Quello che poteva risultare un grande problema si è invece rivelato un fattore determinante per la buona riuscita di questo disco: le parti di batteria diventano molto più varie e dinamiche, grazie anche al sapiente uso del doppio pedale, prima mai adottato dalla band, col rullante che resta ben teso ma non eccessivamente “lattinoso” come in passato (chi conosce il genere sa bene quanto questo componente possa suonare il più simile possibile a una padella). Per quanto riguarda il lato compositivo, i Repulsione mantengono la stessa propensione per i brani lunghi e articolati, con “An Infamous Beast” che raggiunge i quattro minuti (troviamo addirittura una breve armonizzazione iniziale tra i due bassi). Ci sono inoltre una venatura un po’ più grind, con molti più blastbeat, un cantato che alterna più spesso growl e screaming e una riuscitissima cover di “Selfish” dei Comrades. La produzione è ottima e il suono di basso è molto convincente.
Nel complesso, i Repulsione hanno fatto ancora una volta un ottimo lavoro, forse il migliore della loro carriera e quello in cui tutte le componenti del loro sound convincono e riescono al meglio. Dopo 15 anni, diversi tour europei, uno americano e molte apparizioni in festival importanti, con questo disco ribadiscono di essere i numeri uno del powerviolence in Italia grazie a un sound inimitabile, che non deve niente a nessuno e che sbaraglia quasi tutti i gruppi che provano a suonare senza una chitarra. Desecrating è un album che i fan del genere non possono lasciarsi sfuggire e che testimonia come non bisogna per forza guardare all’America per trovare gruppi validi.