REPTILIAN DEATH, The Dawn Of Consummation And Emergence
Dall’India giungono i Reptilian Death, oscuro progetto parallelo di Sahil Makhija (aka Demonstealer), cantante/chitarrista dei più noti Demonic Resurrection e qui all’opera anche in veste di batterista. Il gruppo di Mumbai, temporaneamente accantonato per esigenze prioritarie della band madre, ma con alle spalle una nutrita serie di ep, split e full length, propone un brutal death originale, ultratecnico e violento, capace di agglutinare le più interessanti influenze del metal estremo e di rigurgitarle in una veste eclettica e innovativa. Il muro di suono innalzato dalle chitarre arricchisce di atmosfere tenebrose al limite del black metal un album dove la velocità esecutiva si mantiene mediamente sostenuta. La traccia d’apertura “PrimEvil” è un mid tempo algido e marziale, che funge da introduzione alla thrasheggiante “Inchoate”, brano dalle marcate influenze “old style” e dotato di un intermezzo centrale evocativo. Ma è la furiosa e ipnotica “Stimulate. Hike. Impel. Tear”, vicina per attitudine ai Behemoth più funerei e ricca di vocalizzi sinistri ed effettati, a rimescolare le carte in gioco, spiazzando l’ascoltatore con la sua carica di brutalità travolgente. Affini nella ricerca di aperture melodiche ai Lamb Of God (“Marvelous Gods – The Apple Of My Eye” e “O”), ma – quanto a struttura dei riff – più simili a Origin, Cephalic Carnage e Dying Fetus, i Reptilian Death danno il meglio di loro stessi nella parte centrale del disco. Pezzi come la contorta “Emerge, Hatred, Emerge” e l’asfissiante “Distorted By Bondage, Blood & Bestiality”, con il loro snodarsi nervoso e psicotico spazzano via ogni tentativo di resistenza. La produzione moderna – anche se un po’ distaccata – risulta molto professionale e idonea a porre in risalto le capacità strumentali di un gruppo che fa della blasfemia e dello sfrenato edonismo i temi principali attorno ai quali ruota il concept dell’album. I Reptilian Death mitigano sul finale la loro aggressività, ma assestano il classico colpo di coda con la venefica “Emergence The World, Your Playground”, treno impazzito e deragliato verso l’abisso, eccellente quanto a solismi chitarristici. Una menzione particolare merita lo splendido artwork di copertina, dove un mostro simil-Alien scruta amleticamente un teschio umano (questa prevalenza di chiaroscuri viene richiamata dall’insolito face painting della band). Per chi scrive una delle migliori uscite recenti in ambito death.