REGROWTH, Lungs

I Regrowth, formati quattro anni fa a Cagliari, rappresentano per il sottoscritto la classica eccezione alla regola o, magari, un primo passo per riguardare in modo meno critico alcune derive recenti della scena hardcore verso cui ho sempre tenuto un atteggiamento sospettoso quando non proprio diffidente. Ho anche ragionato parecchio se, benché il disco sia entrato in modo stabile nei miei ascolti e mi sia piaciuto molto, fosse il caso di parlarne in sede di recensione vista la mia idiosincrasia verso parte dei loro punti di riferimento. Nel loro suono si celano, infatti, sostanziosi rimandi alla nuova scuola di hardcore melodico che coinvolge nomi quali Counterparts, Hundredth, Capsize, Empty Handed, tutte realtà con cui devo ammettere di essermi interfacciato poco in passato, soprattutto spesso in modo non proprio entusiasta, cosa che mi ha costretto ad operare un vero e proprio ripasso per comprendere il percorso e i rimandi qui in gioco. Ovviamente, lo sforzo di rimettersi in discussione e approfondire un filone che finora non aveva trovato eccessivo spazio nelle mie consuetudini si giustifica con l’apprezzamento per un disco che riesce a catturare l’attenzione e si presenta con una scrittura matura e complessa, mantiene un suo forte legame con le radici hardcore e riesce ad inserire elementi di attualità senza eccedere né con l’inserimento di melodie accattivanti (che comunque cui sono), né di cori con clean vocals che strizzano l’occhio a certo alternative (e anche queste son presenti), né tanto mento a quell’uso di breakdown caro al metalcore (forse la cosa che ho apprezzato meno, perché a volte sembra dare discontinuità al fluire dei brani). Insomma, Lungs è nel suo insieme un disco tanto a fuoco e convincente da essere riuscito nel non facile compito di allentare per un attimo le, spesso giustificate, remore del sottoscritto quando si tratta di inserire nell’hardcore elementi di alleggerimento e in qualche modo meno radicali. Merito della voce che nelle parti tirate ha un timbro convincente e dona la giusta carica ai pezzi, ma anche di parti strumentali mai banali e ricche di sfumature differenti, in grado di tenere sempre ben sveglia l’attenzione dell’ascoltatore, nonché di un songwriting ben bilanciato e mai dozzinale. Di certo, infine, la buona riuscita dell’operazione portata a termine dai Regrowth con coraggio e determinazione è dovuta dall’invidiabile capacità di non eccedere mai con l’utilizzo di questi ingredienti, così da lasciare che il tratto dominante del tutto resti un energico hardcore incisivo e capace di rilasciare la giusta dose di aggressività, senza farsi prendere troppo la mano nello sfruttare in ogni canzone la stessa formula o mettere in campo gli stessi “trick”. Avrei potuto far finta di essere un giovane e tacere delle pregiudiziali anagrafiche, ma credo che l’aver colpito e catturato la mia attenzione proprio in barba a queste sia un palese riconoscimento del valore di questa band e del suo Lungs. Non era un risultato scontato e soprattutto non era prevedibile che avrei finito per consigliarli anche a chi si sente ormai un po’ fuori tempo massimo per questo genere di lavori. Pollice alzato senza ripensamenti.