RED ROT, Mal De Vivre
Il dna dei Red Rot è composto da quello di due Ephel Duath, Davide Tiso e Luciano Lorusso, qui con Ian Baker (Dawn Of Ouroboros) e Ron Bertrand (Dawn Of Ouroboros/Botanist), il che è già motivo sufficiente per essere incuriositi da questo debutto, Mal De Vivre. Altro motivo di sicuro interesse è la collaborazione con una realtà eclettica come Svart Records, che non si lascia spaventare dalle sfide e che ha sempre seguito una filosofia coraggiosa nella scelta dei nomi da prendere sotto la propria ala protettrice. Aggiungiamo un concept che si focalizza sulla psiche umana e sulle sue debolezze e “devianze” (termine tanto in voga ultimamente) che lo fa apparire in timing perfetto con il panorama odierno, tra postumi del lockdown e nuove tensioni internazionali, crisi economica e tentativi di risolvere i problemi psicologici con approcci da vecchio millennio. Per dar voce a questi temi, i Red Rot scelgono di utilizzare un linguaggio che miscela death, thrash, spunti prog e persino mathcore, quindi un cocktail che sulla carta potrebbe risultare ostico e di difficile assimilazione ma, al contrario, si palesa nei fatti attraverso brani che scorrono senza eccessivi voli pindarici e con la capacità di arrivare comunque dritti al punto. Mal De Vivre è difatti scorrevole e ben equilibrato, con molti cambi di umore, strutture ricche di dettagli e variazioni sul tema, che non riflettono una ricerca della complessità fine a sé stessa, ma la necessità di comunicare con l’ascoltatore. Lorusso contribuisce al raggiungimento dell’obiettivo alternando diverse tonalità e non disdegnando l’utilizzo di clean vocals quando utili alla causa, senza pertanto rincorrere qualche risultato ad effetto solo per sorprendere o innalzare il livello di “originalità” della proposta. Potremmo, anzi, affermare come uno degli aspetti più intriganti dai Red Rot sia proprio questo difficile equilibrio tra l’enorme portato tecnico dei musicisti coinvolti (con la conseguente pulsione allo sperimentare nuove strade) e una scrittura che, al contrario, cerca di innescare empatia con il proprio pubblico, quasi si volesse trovare un punto di incontro tra persone “non normali” e di certo non desiderose di rientrare in qualche canone socialmente rassicurante. Fosse solo per questo, il risultato non si può che dire raggiunto: Mal De Vivre non è un disco costruito a tavolino per passare da strambi a tutti i costi, ma un urlo di dolore e una richiesta di aiuto rivolta ai propri simili.