RAZGRAAD, The Water Towers
Razgraad è il nome dietro il quale si cela Salvatore Miele: di lui sappiamo solo che fa base a Bologna e che questa cassetta costituisce il suo lavoro d’esordio. A pubblicare ci pensa la concittadina Yerevan Tapes, etichetta, come il nome lascia presagire, particolarmente dedita alle edizioni su nastro, oltre che a musiche più o meno oscure e dal fascino esoterico, psichedeliche in un’accezione piuttosto moderna. In questo senso Razgraad si trova perfettamente collocato all’interno del roster dell’etichetta: The Water Towers è psichedelia algida in forma di viaggio elettronico verso orizzonti lontani e panorami immobili, in cui suoni e ritmiche techno si coniugano a suggestioni industrial e ambient. L’abbondante impiego del drone crea quell’elemento di ciclicità che sembra essere al centro del discorso musicale di Razgraad e che conferisce al lavoro il carattere lisergico di cui sopra. I non amanti della cassa dritta potranno storcere il naso di fronte a tracce come quella d’apertura, in cui si avverte tutto il peso di un beat sempliciotto e nel contempo ingombrante, tuttavia i field recordings e i sintetizzatori, iperstratificati e inclini alla dissonanza, provvedono, lungo tutto il corso dell’album, a dare complessità e profondità ai paesaggi scolpiti da Miele; certo, il gioco si fa più interessante con il ricorso a ritmiche spezzate, come in “From Bear To Wolf” o complicate come in “Onyeocha”, tracce che esaltano maggiormente la capacità del musicista bolognese di spedirci al di fuori della nostra comfort zone.