LIKE RATS, Like Rats
Dopo un demo e un 7”, tocca anche ai Like Rats la prova del disco di debutto. Sebbene al loro interno ci sia Andy Nelson, chitarrista dei Weekend Nachos, i punti in comune coi loro concittadini sono veramente pochi. Entrambe le band, infatti, provengono da Chicago, ma la proposta musicale è totalmente diversa: al posto del powerviolence ruggente e accordato molto basso c’è uno sludge molto particolare, semplice ma non banale. Il quintetto suona come una via di mezzo tra Celtic Frost, i passaggi decadenti degli Asphyx e la furia hardcore degli Arson Anthem, con la voce perennemente in screaming. Le chitarre, sebbene non eccessivamente distorte e con una tonalità abbastanza alta (per il genere), si mantengono cupe, con riff che potrebbero esser stati scritti dalla band di Tom Warrior (come appare evidente in “Fire”, dove il gruppo svizzero è omaggiato anche con un “UH!” iniziale, ma anche in “River Dread” e “Dark Masks”) o che trasudano Eyehategod (“Red Dawn”). Al contrario di come fanno molte formazioni del genere, la produzione è piuttosto scarna: non è troppo sporca, ma nemmeno cristallina, il che è un punto molto a loro favore, visto che oggi la maggior parte dei dischi di sottogeneri del doom suonano spesso molto simili tra loro.
La copertina è uno dei dettagli più curiosi di questo lp: è una foto di due bambini in un prato con erba alta e fiori gialli, tutto quello che non ci aspetteremmo da una band sludge (il che però ricorda molto quella di “Betty” degli Helmet, nella quale c’era una dolce fanciulla). L’unico problema di questo disco è un songwriting un po’ monotono, molto acerbo, soprattutto per quel che riguarda le linee vocali. Certo, davanti a un debutto le pretese sono sempre poche, però è lecito mettere in evidenza queste cose, soprattutto con un gruppo che, almeno guardando riff e influenze, sembra essere molto promettente. Quantomeno non abbiamo di fronte la solita gente che fa il verso alle produzioni della Southern Lord e che spende tutto lo stipendio in strumenti e amplificatori costosi (guarda caso sempre Gibson e Orange/Sunn), perché solo così crede di tirar fuori un buon lavoro. Speriamo che possano far tesoro di queste considerazioni e che tornino con un secondo lp ben più ruggente di questo esordio, molto carino ma ancora incompleto.