RASHAD BECKER, Traditional Music Of Notional Species Vol. II
Cosa porta i suoni a essere percepiti come spogli e ridotti alla radice, espressione contemporanea di una sorta di improvviso ritorno al passato? La risposta potrebbe trovarsi da qualche parte nei solchi dell’ultima, mutante fatica del tedesco Rashad Becker, sorta di guru del mastering molto apprezzato da chi ama perdersi tra le più disparate fonti sonore. Queste, e qui sta la sua maggiore bravura, vengono scientemente manipolate, piegate alla sua volontà, come un rabdomante che cerca e trova note per poi racchiuderle in barattoli di vetro, pronti per essere aperti alla prima occasione (o stampa di un disco, esibizione dal vivo). A suo modo Becker è un assemblatore di suoni provetto, capace di fare dei cut & paste selvaggi e affascinanti, le incisioni poi qui sono così stranianti che ingabbiarle in un solo genere è praticamente impossibile, provate voi a dare una definizione decente ai singulti di “Themes VII” o alle polluzioni della stortissima “Chants Dances V”, mentre “Chants Dances VI” sembra celare un accenno di melodia persa tra le ritmiche stavolta comunque meno indecifrabili rispetto al resto delle tracce. Traditional Music… continua nel solco del precedente e interessante primo volume, soprattutto è un album dove le ritmiche sono fondamentali, nel senso che risultano talmente difformi nella percezione da perdersi all’ascolto, Becker è un maestro nel saperle nascondere e gestire come meglio crede, a un certo punto sembra di vedere all’opera un chimico (in “Chants Dances VII”). Come detto da un caro amico, questo è un album dal suono pre-logico, talmente alieno che solo tornando a milioni di anni fa si può trovare un corrispettivo adatto al confronto (va fatto un discreto sforzo di immaginazione…). Chiaro che è una lettura romantica della faccenda, ma come non pensarlo mentre si ascolta quello che pare un didgeridoo che chiude l’album e che ci fa viaggiare così indietro nel tempo che quasi viene voglia di rimanerci?